DIALOGO SUL COMPASSO

ORATORE: Venerabile Maestro, il tema dell’Istruzione di grado circa il compasso implica una certa apertura. Voce contro voce, mi permetterai perciò che mi sia d’altro braccio il 2° Sorvegliante e che mi sia d’aiuto, a mo’ di noce del compasso, il Maestro delle Cerimonie affinché distribuisca e faccia circolare i supporti visuali che ho approntato.

(si attende l’eventuale risposta)

ORATORE: Carissimo 2° Sorvegliante, non riusciremo mai a dir tutto e, forse tralasceremo concetti importanti. Ma se qualcosa ci sfuggirà avremo una nuova occasione quando si dirà della squadra. Partiamo dalle generali per scendere in profondità.

Puoi dire…

2° SORVEGLIANTE: Posso dire che nel linguaggio iconografico convenzionale, il compasso è considerato l’emblema delle scienze esatte, del rigore matematico, di fronte alla fantasia immaginativa, alla poesia. Che la nozione di regola, di rettitudine, è d’altra parte alla base del Tradizione iniziatica.

ORATORE: E io posso aggiungere che il compasso è stato interpretato come l’immagine del pensiero che disegna o percorre i cerchi del mondo; tracciando le immagini del movimento ed essendo mobile esso stesso, il compasso è diventato il simbolo del dinamismo costruttore, l’attributo delle attività creatrici. La figura perfetta del cerchio con il punto centrale. La sorgente di vita. A seconda della sua apertura la circonferenza varierà, ma “uno immoto”, ma l’Uno, il centro rimane immutato, come reca scritta questa incisione del 1702. Ti prego Maestro delle cerimonie, fai circolare il supporto visuale.

(Il Maestro delle cerimonie fa circolare il supporto visualen. 1)

2° SORVEGLIANTE: Possiamo inoltre dire, come dicevano i filosofi, che “nella squadra e nel compasso si trova la perfezione del quadrato e del cerchio”.

ORATORE: I filosofi dicevano ben di più.

Da Pitagora a Platone. Nella tradizione pitagorica, alla quale si deve la scoperta sperimentale dei rapporti fra i suoni e l’analogia fra perfezione dei numeri e figure geometriche, il circolo e la figure poligonali regolari e quelle della geometria solida, tutte costruibili con squadra e compasso, erano gli elementi con cui l’Ente Supremo aveva costruito armonicamente l’Universo. Ma siamo in Camera d’Apprendista e non voglio svelare gli arcani del 2° grado.

“Nessuno ignaro della geometria entri sotto il mio tetto” raccomandava Platone, erede di Pitagora, a chi voleva far parte della sua esoterica Accademia. Per chi volesse approfondire l’argomento posso consigliare la lettura delle opere del Fratello Arturo Reghini.

2° SORVEGLIANTE: Noto anche che, conformemente al simbolismo del cerchio e del quadrato, il compasso è più specificamente in rapporto con la determinazione del tempo, la squadra con quella dello spazio.

ORATORE: È proprio così. Un disegno di William Blake, intitolato il Vecchio dei Giorni misura il tempo, rappresenta un vecchio nel disco solare, che tende verso il mondo un immenso compasso. È la celebre illustrazione che accompagna nel Paradiso Perduto di Milton (libro VII) il passo in cui si legge che Dio, dopo essere entrato nel caos,

« prese l’aureo compasso / che custodito nel tesoro eterno / Dio si stava a circoscrivere questo / ampio universo e quanto in lui si racchiude. / L’un piè fe’ centro e per la vasta oscura / profondità l’altro aggirando disse: “Fin qui ti stendi: ecco i confini tuoi / la tua circonferenza è  questa o mondo”. / Così il Ciel cominciò, così la Terra materia informe e vuota… ».

(Il Maestro delle cerimonie fa circolare il supporto visuale n. 2)

2° SORVEGLIANTE: In Occidente, specialmente a partire dal medioevo, questo strumento fu dunque il simbolo della geometria, dell’ordine cosmico e dell’azione pianificatrice.

Da questo punto di vista è stata la tradizione segreta riguardante la costruzione delle cupole dei duomi a dare allo strumento una particolare dignità simbolica. Le illustrazioni dei manoscritti medievali – questa è una miniatura del 1250 –

(Il Maestro delle cerimonie fa circolare il supporto visuale n. 3)

mostrano il Creatore del mondo come un geometra che con il compasso definisce il cerchio della Terra.

ORATORE: Dici bene . Ma prima di Milton, già Dante cantava il Dio Architetto:

«Colui che volse il sesto / allo stremo del mondo, e dentro ad esso / distinse tanto occulto e manifesto» (Paradiso, 19, 40-42). A voler significare che il supremo Artefice è infinito ma il risultato della sua Opera è definito e in esso alcune cose ci sono intellegibili e altre no.

2° SORVEGLIANTE: È vero sesto significa compasso. Mi hai fatto rammentare che quando usiamo la locuzione “rimettere in sesto” o il verbo “assestare” abbiamo probabilmente obliato che, etimologicamente, le due espressioni hanno strettissime attinenze col compasso, la cui apertura corrisponde ad un sesto della circonferenza descritta e perciò l’arco a tutto sesto, per gli antichi muratori operativi, fu dunque il simbolo della precisione esecutiva, dell’ordine e dell’armonia. Da cui il suo contrario, dissesto e dissestare.

ORATORE: Già. Si sarà compreso che il compasso nell’architettura sacra rappresenta la conoscenza trascendente, l’archetipo che controlla tutte le opere.

2° SORVEGLIANTE: Archetipo? Principio primordiale e universale? All’inizio del tuo parlare hai definito il compasso come una delle basi della Tradizione iniziatica. Puoi dimostrarlo?

ORATORE: Potrei dire che la sua forma richiama la lettera A, il principio di tutte le cose. Ricordo che, per il Fratello Oswald Wirth, il compasso richiama anzi la figura umana per il fatto che presenta una testa e due arti che si allargano a volontà.

Del resto la stessa etimologia della parola, “cum” e “passus”, richiama l’atto dell’uomo che misura con precisione la terra attraverso i suoi passi. Assieme alla squadra , è uno dei più antichi strumenti inventati dall’uomo. Ma la tua domanda forse intendeva anche altro. Posso dunque farti questo esempio. In Occidente ti ho accennato a Pitagora. Ma tanto nell’esoterismo occidentale che nell’antica Cina, il compasso — generalmente associato alla squadra — è un importante simbolo cosmologico: esso serve, come s’è detto, a misurare e a tracciare il cerchio, mentre la squadra serve a tracciare il quadrato. In Cina come in Occidente, il compasso e la squadra evocano rispettivamente il Cielo e la Terra. In Cina, li si attribuisce a Fu-hsi e Niù-kua, che sono i principi maschile e femminile della manifestazione. Tuttavia, quando Fu-hsi e Niù-kua sono uniti, con le loro code di drago intrecciate, i rispettivi attributi si invertono o, più esattamente, sono scambiati. Allora Fu-hsi è raffigurato con in mano una squadra, simbolo del lavoro materiale yin, mentre l’imperatrice Niù-Kua, moglie di Fu-hsi, iniziata alle arti magiche e che introdusse la musica, è raffigurata con in mano un compasso, simbolo di potere “temporale, energetico, ondulatorio yang”, essa era la raffigurazione della ierogamia, la sintesi ricostituita dello yin e dello yang,

(Il Maestro delle cerimonie fa circolare il supporto visuale n. 4)

in cui la figura yang porta l’attributo yin e viceversa, allo stesso modo che nella rappresentazione del T’ai-ji, la metà yang include un punto yin e la metà yin un punto yang. Per inciso, Fu-hsi è il mitico imperatore e presunto scopritore dei famosi «simboli geometrici», gli esagrammi usati in Cina per la divinazione, da noi noti come I-Ching, e che tanto studiò il nostro fratello Carl Gustav Jung, che appartenne al Rito Scozzese Rettificato.

2° SORVEGLIANTE: Che meraviglia… Anche in in Occidente, il compasso e la squadra sono attribuiti rispettivamente alle due metà —maschile e femminile — dell’Androgino ermetico (Rebis), corrispondenti al Sole e alla Luna, che sovrasta un vecchio drago. Nella tradizione ermetico—alchemica, la figura androgina del Rebis, che letteralmente significa “cosa doppia”, tiene nella mano destra (lato maschile) il compasso e in quella sinistra (lato femminile) la squadra, come ci illustra il Viatorum spagyricum del 1625 o Il Trattato dell’Azoth di Basilio Valentino del 1659.

(Il Maestro delle cerimonie fa circolare il supporto visuale n. 5)

In Massoneria e in genere nell’esoterismo il concetto di “Dualità” o “Diade”, come avrebbe detto Platone, è fondamentale.

ORATORE: Lo hai detto. La figura del Rebis ermetico può essere associata oltre che alla squadra e compasso al nostro pavimento a scacchi e ancor più visivamente al T’ai-ji.

La vertiginosa libertà dell’analogia e l’indescrivibile infinità che l’esoterismo offre al nostro pensiero e alla nostra arte del costruire ti farà associare il T’ai-ji al nostro Solstizio d’inverno, una delle maggiori feste massoniche.

2° SORVEGLIANTE: Si, è il culmine dell’oscurità, yin, ma è anche il momento in cui il punto di luce, yang, comincia a risorgere. E anche la squadra è un compasso a braccia mobili ed un compasso a 90° è una squadra.

ORATORE: Vedi bene come la capacità intuitiva stessa subisce una folgorazione. Ma più prosaicamente, l’espressione compasso e squadra (in cinese gui-chi) indica i buoni costumi e il giusto ordine, ne fa l’armonia complementare delle influenze celesti e terrene. Coomaraswamy e Guénon hanno accostato questo simbolo alla misura — o determinazione — dei limiti del Cielo e della Terra, di cui parla il Veda, e hanno evocato il ruolo dell’architetto celeste Vishvakarma, come anche quello del Grande Architetto dell’universo massonico. Nel simbolismo esoterico (dell’antica Cina come dell’Occidente), la combinazione di compasso e squadra era considerata immagine simbolica della congiunzione del cerchio, ovvero il cielo (compasso), con il quadrato, ovvero la terra (squadra), dunque della perfezione, la giusta combinazione di spirito e materia.

2° SORVEGLIANTE: Abbiamo dunque trattato il compasso, in quanto strumento dell’intelligenza che crea pianificando, simbolo di energia creatrice attiva e di attività intellettuale ponderante, d’intelligenza, di equità, di temperanza, di prudenza, di giustizia, di sincerità e di verità, tutte virtù fondate sul senso della misura. Del resto di un uomo si dice che è “compassato” quando sa ben ponderare le sue azioni. Il compasso è diventato anche l’emblema e l’attributo di diverse scienze e delle loro personificazioni, della geometria, dell’astronomia (e della Musa Urania che la personifica con globo e compasso), dell’architettura e della geografia, sempre perché esso è lo strumento della misura e, particolarmente, dei rapporti. Assieme alla squadra fu, durante il Medioevo, emblema di molte corporazioni di mestiere. Era impedito portarlo, ha rilevato Guénon, solo ai calzolai e ai fornai. Ma cos’è nella nostra antica Istituzione?

ORATORE: Fra i simboli massonici il compasso è una delle tre «grandi luci» (insieme al libro sacro e alla squadra). Affinché il Maestro Venerabile possa dichiarare aperti i lavori è indispensabile che il Primo Sorvegliante abbia sistemato ritualmente le tre grandi luci del tempio che sono appunto il compasso, la squadra e il libro sacro e che si ricollegano al cerchio ideale dell’amore onnicomprensivo. Il compasso, in particolare, esprime così l’atteggiamento nei confronti degli altri affiliati e dell’intera umanità. Nel nostro rito di iniziazione, al neofita che pronunzia il giuramento che lo lega alla istituzione massonica, viene appoggiata sul petto la punta del compasso a significare che, da quel momento in poi, tutte le sue azioni dovranno essere ispirate all’ordine, all’armonia, alla razionalità. L’Apprendista impara che la punta di un compasso è fissata nel proprio cuore mentre l’altra unisce l’iniziato a tutti gli altri. Già nel 1793 si sottolinea che le punte del compasso, una centrata al cuore e l’altra rivolta a circoscrivere un ideale spazio, significano che il «Fratello Massone» deve mostrarsi aperto nei confronti del mondo, «un uomo che collabora alla pace e alla felicità, onesto e giusto».

E dunque il Maestro Massone, posto «fra la squadra e il compasso», svolge un ruolo di mediatore del Grande Architetto dell’Universo.

2° SORVEGLIANTE: Rilevo anche che squadra e compasso sono sovrapposti e non sottoposti al Libro sacro: ciò perché il Massone, Libero Muratore, rifiuta qualsiasi concezione religiosa che non s’appelli alla ragione e sia in conflitto con la morale.

E mi sovvengono ora le posizioni relative del compasso e della squadra che sul Libro sacro manifestano così i diversi stati nei quali si trova l’Operaio in rapporto alle forze materiali e spirituali.

E così…

ORATORE: Ti prego, Fratello mio, ti scongiuro. Sono il Custode delle Leggi. Non obbligarmi a richiamarti alla retta osservanza.

Siamo in Camera d’apprendista e non è consentito rivelare i segreti dei due gradi successivi…

2° SORVEGLIANTE: Cuore contro cuore, voce contro
voce, non dubitare di me, Fratello. Sono il 2° Sorvegliante e mio compito è istruire la colonna di settentrione degli Apprendisti e assicurarmi della loro attitudine massonica. Il gioiello che indosso indica il mio equilibrio e rettitudine. Volevo solo dire che se la squadra è posta sul compasso, la materia domina lo spirito, la terra è sul cielo, la luna sul sole.

Il compasso,è anche associato all’aria e la squadra alla terra, così come il maglietto e lo scalpello al fuoco e la cazzuola all’acqua. Nella disposizione del Grado di Apprendista, il “principio” Materia (analogicamente correlato alla razionalità, alla concretezza, all’analisi) prevale sul “principio” Spirito. Il Compasso, che serve a tracciare circonferenze e a prendere e a riportare misure, proprio questo strumento, dunque, è il simbolo dello spirito (o essenza) e quindi della possibilità di condizionare la materia (o forma), ed esprime il principio attivo (data anche la mobilità delle due aste articolate dalla “noce”), maschile, solare. Il suo significato allegorico è “misura nella ricerca”, ma può rappresentare altresì l’ampiezza del pensiero, dell’apertura mentale.

Se vi è attitudine massonica ulteriori speculazioni sulla triplicità di rappresentazione dei sempre uniti squadra e compasso, nelle loro possibili diverse combinazioni, potranno essere fatte.

ORATORE: Certo, e aggiungo ancora che i gradi dell’apertura del compasso rappresentano, nella Tradizione Massonica, le possibilità e i gradi della conoscenza: «45° si rapporta all’80, 60° al 6° e 90° al quarto. La Massoneria, limitando l’apertura del compasso a 90 gradi al massimo, indica con questo i limiti che l’uomo non dovrebbe superare. L’angolo di 90° riproduce la squadra, ma sappiamo che la squadra è il simbolo della materia, il compasso è il simbolo dello spirito e del suo potere sulla materia. Il compasso aperto a 45° indica che la materia non è completamente dominata, mentre l’apertura a 90° realizza integralmente l’equilibrio fra le due forze. Il compasso diventa ‘squadra giusta’». Con tale limitazione si indica la massima conoscenza raggiungibile dall’uomo, non perché si possa porre un limite, sia pure convenzionale alla conoscenza, bensì, utilizzando strumenti e simboli di significato universale, si vuole indicare che si può conoscere il conoscibile. Rammenti le terzine dantesche che ho proposto? La comprensione di questo apparente paradosso può essere facilitata pensando che il quadrato inscrivibile nel cerchio con il compasso a 90° è quello simbolicamente definito “Quadrato di Terra”, che rappresenta il macrocosmo (tutta la manifestazione) e il microcosmo (l’uomo).

2° SORVEGLIANTE: Nemmeno facciam caso che il disegno che rappresenta la centralità dell’uomo, in quanto intermediario, nel “quadrato di terra” è oggi nelle tasche di tutti gli italiani e di molti europei, essendo il simbolo impresso sulla moneta da un euro.

(Il Maestro delle cerimonie fa circolare il supporto visuale n. 6 – la moneta di 1 Euro con l’immagine di Leonardo)

È la nota immagine dell’uomo vitruviano, conservata nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Leonardo lo realizzò nel 1490, riprendendo il testo del terzo libro del De Architectura del celebre architetto romano Vitruvio, riguardante le proporzioni umane: “Vetruvio architetto mette nella sua opera d’architettura che le misure dell’omo sono dalla natura distribuite in questo modo. Il centro del corpo umano è per natura l’ombelico; infatti, se si sdraia un uomo sul dorso, mani e piedi allargati, e si punta un compasso sul suo ombelico, si toccherà tangenzialmente, descrivendo un cerchio, l’estremità delle dita delle sue mani e dei suoi piedi”. È così che Leonardo scriveva dell’opera che aveva appena realizzato. Il suo uomo s’iscrive in modo perfetto, a mo’ di mediatore, in piedi con le gambe e le braccia allargate, nelle figure geometriche che abbiamo considerate perfette: il cerchio e il quadrato.

ORATORE: O ancora si può pensare che la limitata apertura del compasso sia ammonimento a contenere le azioni entro i limiti fissati dalla morale comune e dalla propria coscienza. Il compasso, lo strumento che aprendosi progressivamente – ma non illimitatamente – traccia circonferenze sempre più grandi è simbolo perciò dell’apertura mentale dell’uomo, capace di dimensioni sempre maggiori, di obiettivi sempre più ambiziosi, pur con la coscienza del limite. Inoltre, aggiungo, nulla impedisce di aprire consapevolmente il Compasso a più di 45° nei Lavori in grado di Apprendista, Compagno e Maestro, né, in linea teoricamente geometrica, si può escludere che il compasso venga aperto a più di 90°, poiché questo strumento traccia cerchi o rapporta misure fino a 180°. Di fatto, sarebbe anche facile trovare tutta una serie di corrispondenze analogiche con le varie posizioni delle due aste: chiuse, aperte a certi gradi fino a 180° e anche oltre fino a riunirsi di nuovo. Forse non a caso in inglese compasso e bussola si chiamano allo stesso modo.

La circonferenza che esso traccia è anche la figura geometrica nella quale non è dato distinguere il principio dalla fine, donde è simbolo dell’eternità e quindi di perfezione; per questo motivo – asserisce Platone (Timeo VII, 33 b) – il Demiurgo artefice dell’universo ha dato a questo ultimo la forma della sfera, «… la più perfetta di tutte e la più omogenea a se medesima, convinto che l’omogeneo è infinitamente più bello di ciò che non è tale».

Sulla stessa metaforo della sfera è la folgorante e concisa metafora medievale: «Dio è una sfera infinita, il cui centro è ovunque e la circonferenza in nessun luogo », che io preferisco nella citazione di Marsilio Ficino: «Iddio è spera intellegibile il cui centro è in ogni loco la circumferentia in nessuno».

2° SORVEGLIANTE: Il Compasso è un Simbolo operativo. Può rappresentare il modo di essere di colui che è pronto ad allargare la propria visione dell’Universo.

In questo senso appare come una condizione indispensabile per vivere in modo completo le esperienze esistenziali che ci vengono proposte dalla Vita. L’apertura variabile del Compasso ci propone un ulteriore spunto di riflessione: mentre la Squadra, con il suo angolo fisso a 90°, si presenta come mezzo di riferimento per le nostre osservazioni, il Compasso propone il nostro arricchimento interiore come fine mirato delle esperienze. I Simboli di Squadra e Compasso, uniti insieme, rappresentano il modello di sintesi operativa nella nostra ricerca della conoscenza, fatto di rigorosità di giudizio e di desiderio di libertà interiore.

Si è già mostrato che questi strumenti corrispondono palesemente al cerchio e al quadrato, ossia alle figure geometriche che rappresentano rispettivamente il cielo e la terra e abbiamo compiuto altre analogie. Penso al cerchio e vedo il simbolo del Cielo (e, con un punto centrale, al Sole). Penso al punto, al relativo, che nel tracciare il cerchio con l’altra asta si confronta con l’infinito.

Penso alle sue caratteristiche di mobilità e di spiritualità.

Come ogni strumento e ogni simbolo, penso che il compasso rappresenti genericamente l’uomo, ma che, in particolare, si riferisca al pensiero e serva a misurare la nostra apertura mentale. Vi è un esercizio che è possibile fare, su se stessi, con esso, con l’ausilio della squadra e i 4 elementi. Ce lo indica il fratello Ivan Mosca. Ma non voglio dilungarmi su di esso giacché riguarda la misura “metafisica” dell’ampiezza del nostro personale pensiero – mi sarà di giubilo estenderlo a chi lo vorrà conoscere. Penso anche alla sfera nella geometria solida e, nell’ermetismo alchemico, al simbolo dell’Oro.

Abbiamo anche veduto che è il simbolo del rigore con cui devono essere impostate le azioni umane e della capacità dello spirito di incidere sulla materia.

ORATORE: L’oro. Ah, l’oro e la capacità dello spirito di incidere sulla materia. Abbiamo parlato del Paradiso Perduto e del compasso. Parleremo infine dell’Età dell’oro perduta e di Saturno. Saturno, originariamente divinità agraria, contava fra i suoi attributi la misurazione delle terre e il compasso pure è attributo di Saturno, e poiché Saturno è anche il dio del tempo — zoppicante, triste e taciturno, un meditativo «alla ricerca dell’incognito, alla ricerca della pietra filosofale e dell’estrazione della quintessenza», — il compasso è diventato simbolo della malinconia. Ce lo mostra Dürer in una delle sue celebri incisioni, di un esoterismo quasi intollerabile, dedicate a questa disposizione d’animo: la Melencolia I.

(Il Maestro delle cerimonie fa circolare il supporto visuale n. 7)

A volte mi pare l’abito dell’Apprendista. L’abito mentale di tutti noi, convinti come siamo, con quel modo saturnino che forgiò i migliori ingegni del Rinascimento, di un mondo decrepito che ha bisogno di essere ricondotto alla sua giovinezza, di un Occidente che non è più in grado di intendere il linguaggio del mito, del simbolo, degli Antichi Misteri. Ma poiché nel mondo delle idee nulla si distrugge, l’originario messaggio è sopravissuto presso la nostra Istituzione per quanto orbato della sua remota e primigenia Luce.

2° SORVEGLIANTE: Nell’incisione del 1514 si allude, tra l’altro, alla “materia al nero”, la prima fase della grande Opera. La figura alata in atteggiamento meditativo , tine in mano un compasso ed è circondata da una serie di oggetti e strumenti, con un genio e un cane. È un’allegoria dell’opera nel suo momento d’avvio, caratterizzato da un clima di morte e di nerezza, ma confortato dai segnali di riuscita (l’arcobaleno, il “quadrato magico”, le ali)

ORATORE: È così. Tutto dev’essere senno, beneficio e giubilo. Che l’opera riprenda forza e vigore per la costruzione del Tempio interiore e dell’Umana Famiglia.

Mi piace pensare, con intuitiva immediatezza, come due volte abbiam veduto, che la testa dello strumento, laddove le aste si congiungono per formare la cosiddetta “noce” che infatti è volta ad Oriente, sia nelle mani del Sommo Costruttore dell’Universo, della cui natura l’Uomo è intriso più di quanto possa razionalmente supporre, come ben sa qualsiasi Fratello Massone. Riprendiamo il nostro faticoso ma fecondo cammino verso la Luce.

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MAESTRO VENERABILE: Fratello Oratore, vi prego di darci le vostre conclusioni.

ORATORE: Non scordiamoci mai, anche quando siamo nel mondo profano, di essere Massoni. Non c’è solo la Parola perduta o la Parola sostituita. A volte, nella storia visibile, è già accaduto di dover sostituire la squadra e il compasso.

Il piccolo fiore blu, che molti di noi, portano appuntato all’occhiello del bavero della giacca, è un “Non ti scordar di me”. Da alcuni anni in tutta Europa si celebra la Giornata della Memoria – l’anniversario della liberazione del campo di sterminio nazista di Auschwitz, avvenuta il 27 gennaio del 1945.

Anche i Massoni hanno la loro memoria. All’inizio del 1934, con l’ascesa di Hitler al potere, divenne chiaro che la Libera Muratoria era in pericolo. In quello stesso anno la “Gran Loggia del Sole” (una delle Grandi Logge Tedesche d’anteguerra con sede a Bayreuth) capendo la gravità del pericolo, adottava il piccolo fiore blu come sostituto della tradizionale squadra e compasso, di cui s’è parlato in questa Tornata.

Si pensò infatti che tale nuovo simbolo avrebbe diminuito il rischio di riconoscimento dei Fratelli da parte dei nazisti che erano impegnati nella confisca totale dei beni di tutte le Logge massoniche.

In quegli anni la libera Massoneria tedesca operò al coperto e questo fiore delicato assunse il ruolo di simbolo della sopravvivenza dell’Istituzione in quegli anni bui. Durante il decennio del potere nazista il distintivo di questo piccolo fiore blu, il “Non ti scordar di me” (Das Vergissmeinnicht) servì come segno grazie al quale i Fratelli poterono riconoscersi uno con l’altro in pubblico, nelle città, nei campi di prigionia e di concentramento.

Il “Non ti scordar di me” significava la volontà dei Fratelli di mantenere viva la Luce della Libera Muratoria. Quando la “Gran Loggia del Sole” fu riaperta a Bayreuth nel 1947 dal Past Gran Maestro Beyer, un piccolo distintivo a forma di “Non ti scordar di me” fu ufficialmente adottato come l’emblema della prima riunione annuale dei fratelli sopravvissuti agli amari anni della clandestinità.

Alla prima riunione annuale della nuova Gran Loggia Unita di Germania nel 1948, il distintivo fu adottato come emblema massonico ufficiale in onore delle migliaia di valorosi Fratelli che continuarono i lavori muratori sotto il nazismo. L’anno seguente, ogni delegato alla Conferenza dei Grandi Maestri a Washington, D.C., ricevette uno di questi distintivi da parte del Gran Maestro della Gran Loggia Unita di Germania Theodor Vogel.

Il piccolo fiore azzurro dotato di cinque petali, nel linguaggio floreale significa vero amore, amicizia e fedeltà, e con tale significato da allora è entrato a far parte della tradizione muratoria.

Nel suo ambito la nostalgia sentimentale interpersonale diventa dolce reminiscenza ed impegno in ciò che i Fratelli tedeschi chiamano Brüderkette, la catena fraterna, che può solo essere temporaneamente spezzata nella sua manifestazione visibile.

Moreno Neri

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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René Guénon, Simboli della Scienza sacra, Adelphi, Milano, 1994.

Ivan Mosca, Quaderni di Simbologia Muratoria, a cura del Grande Oriente d’Italia, s.l., 1977.

Arturo Reghini, Considerazioni sul rituale dell’apprendista libero muratore: con una nota sulla vita e l’attivita massonica dell’autore, Phoenix, Genova, 1978

Arturo Reghini, I numeri sacri nella tradizione pitagorica massonica, Ignis, Roma, 1947

Arturo Reghini, Le parole sacre e di passo dei primi tre gradi e il massimo mistero massonico: studio critico ed iniziatico, Atanor, Roma, 1991

Arturo Reghini, Per la restituzione della geometria pitagorica e dei numeri pitagorici alla loro forma primitiva, Atanor, Roma, 1978

S. a., Dizionario delle Religioni orientali, Vallardi, Milano, 1993

S. a., Simboli, PIEMME, Casale Monferrato, 1993.


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