Scienza sacra e scienza profana: dal regno della qualità a quello della quantità

studi101[1]Carissimi fratelli, questa tavola tratterà il rapporto esistente fra scienza sacra e scienza profana. Da quando sono entrato in massoneria sono rimasto particolarmente colpito dalla duplice anima del nostro ordine, da una parte la visione illuminista con la fede nella moderna tecno-scienza in grado di sollevare l’uomo da una condizione di povertà verso l’attuale benessere che contraddistingue il mondo occidentale, dall’altra parte la tensione verso la scienza sacra, vista non come il prodotto di sciocche superstizioni o paure, ma come l’unico mezzo in grado di mantenere il contatto con il Principio. Il progressivo allontanamento dell’uomo dalla dimensione divina verso quell’attuale, dominata dalla quantità, (come ben descritto nel mito atlantideo) si accompagna, infatti, alla progressiva trasformazione della scienza da sacra a profana. Ma se la parola scienza deriva dal latino scire cioè conoscere, non si può non sottolineare che altre forme di conoscenza sono altrettanto fondamentali per il bene e il progresso dell’uomo. Mi colpisce in particolare la confusione che l’uomo moderno fa fra mezzi e fine; mi spiego meglio: se la scienza sacra ha il fine di arrivare all’origine o inizio delle cose, la scienza profana confonde il fine con i mezzi e si propone come fine ultimo ciò che dovrebbe essere solo un mezzo, persegue la conoscenza come fine a se stessa, o peggio come mezzo per amplificare il proprio potere. Un chiaro esempio di questa dicotomia si osserva nel modo in cui Pitagora ed Euclide intendono la matematica, mentre la geometria pitagorica era una scienza sacra esoterica e segreta (come del resto per noi massoni la geometria è l’arte dell’edificazione e la scienza dei numeri sacri noti solo a noi), la geometria euclidea, spezzando i contatti con l’unità creatrice e divenendo fine a se stessa, degenerò invece in una splendida scienza profana segnando così l’inizio dell’era della specializzazione e della quantità.
Per affrontare il tema di questa tornata, ritengo giusto ricapitolare alcune brevi notizie sul filosofo e sulla sua scuola. Già Aristotele parlava dei cosiddetti pitagorici, mettendo così in dubbio l’esistenza stessa del maestro. Le poche notizie che disponiamo affermano che Pitagora morì, forse, a Metaponto assieme a gran parte dei suoi allievi, nel sesto secolo avanti Cristo. Fu Alcmeone nel quinto secolo prima di Cristo a rendere nota l’esistenza della scuola, il pensiero originale è giunto fino a noi solo attraverso alcuni frammenti d’Alcmeone, di Filolao e d’Archita; il resto dei testi a nostra disposizione è, infatti, d’origine neopitagorica.

Il pitagorismo è un insegnamento ETICO-RELIGIOSO volto ad una palingenesi (rinnovamento dell’anima). E’ appena il caso di porre l’accento sull’esistenza dei due pilastri del tempio: il potere politico e quello religioso. Il sacro silenzio, il dogma dell’autorità, l’Ipse dixit, le norme di vita, la metempsicosi (vedi l’influenza avuta sul successivo Platone), le ricerche matematiche e musicali, rappresentano i capisaldi dell’insegnamento. Alla ricerca tutta ellenica dell’unica sostanza in grado di determinare la visione del mondo, il pitagorismo risponde con un complesso sistema di rapporti matematici che può essere determinato in ogni cosa manifestata. Anche se sono trascorsi millenni e i mezzi di indagine si sono sviluppati in modo inimmaginabile, sorprende la frase che Albert Einstein disse a Max Born nel 1924: “L’idea che un elettrone esposto a una radiazione scelga liberamente l’attimo e la direzione in cui vuole saltare mi è insopportabile. In questo caso preferirei fare il ciabattino o addirittura il croupier in un casinò piuttosto che il fisico”. Quanta acqua sotto i ponti per tornare sempre alle stesse idee….

La caratteristica del pitagorismo consiste nell’abbracciare domini diversi in un’unica sintesi, nell’applicare principi del sapere iniziatico nel mondo della natura, della musica, della matematica, proponendo una condotta di vita e infine un ideale politico.

Scuola pitagorica

Per accedere alla scuola si richiedevano qualificazioni e il superamento di prove iniziatiche. Due erano i livelli degli allievi: i primi o exoterici si dividevano a loro volta in uditori (2 -3 anni), parlatori e matematici, mentre i secondi o esoterici (erano coloro ai quali si permetteva di vedere il volto di Pitagora) si dividevano in perfetti e in coloro che sono da venerare. Naturalmente del secondo gruppo ignoriamo in pratica tutto. La divisione degli esoterici corrisponde invece in modo sorprendente con l’attuale divisione dei gradi in massoneria. I matematici (o maestri) disponevano di un sistema di scienza umana e divina con un duplice aspetto esteriore e interiore non empirica, ma dedotta da un principio metafisico. La moderna scienza occidentale è una scienza sperimentale obiettivamente dedotta dall’esterno con strumenti in aiuto dei sensi, con lo scopo di osservare, capire e riprodurre i fenomeni, anche tenendo conto dell’inevitabile alterazione prodotta dall’osservatore. Nel pitagorismo, come in massoneria, nell’ermetismo o in alchimia, l’osservatore è invece parte integrante nel meccanismo di conoscenza che è dedotta dall’interno, dal principio unico.

La scuola pitagorica risente del retaggio della civiltà indo europee (sacralità guerriera) e anche dello spirito delle civiltà mediterraneo orientali anteriori alla civiltà ellenica e romana (sacralità sacerdotale e culti lunari o femminili). Risulta evidente da tutto ciò che la conoscenza, per i pitagorici, non si ottiene passivamente dall’esterno, ma deve essere perseguita con un duro sforzo e un lungo lavoro su se stessi, al fine di giungere alla palingenesi, alla trasformazione della propria anima, in altre parole si deve compiere un opera! Giova anche ricordare che quest’opera di rinnovamento non si limita agli iniziati, ma si rivolge anche al rinnovamento dei popoli. Voglio solo rilevare le incredibili somiglianze fra il pensiero di Pitagora e quello di Mazzini, fra lo sforzo duplice della massoneria di lavorare per trasformare la pietra grezza in pietra cubica e di lavorare contemporaneamente al bene e al progresso dell’umanità.

Aritmetica pitagorica

Per comprendere meglio i peculiari aspetti dell’insegnamento, ritengo necessario fare alcune precisazioni sull’aritmetica pitagorica. Il detto “i numeri sono cose” era inteso dagli allievi in modo letterale. Per il maestro i numeri sono oggetti dotati di propria corporeità, che possono essere addizionati, moltiplicati ed elevati a potenza. 1 2 3 4 rappresentano la prima tetractis, permettetemi ora fratelli di fare alcune operazioni con voi, al termine delle quali avremo percorso un cammino che molti di voi riconosceranno aver fatto in un altro dominio.

  • L’1 rappresenta la monade, l’unità divina.
  • Il 2 si ottiene dalla divisione della monade in un’altra se stessa e nella successiva addizione. Con il 2 inizia la grande illusione, del resto il pensiero orientale non sostiene forse che l’universo creato non è altro che una grande illusione? Il 2 è il dio creatore che da origine alla creazione prendendo coscienza di sé….
  • Il 3 o numero perfetto si ottiene dalla somma dei primi due. A questo punto disponiamo del primo numero dispari o maschile. Con l’uno si ha un punto, con il due una linea, mentre con il tre si ha la prima superficie chiusa il triangolo.
  • Con la successiva addizione si ottiene il 4, primo numero pari o femminile. Con esso si ha la prima rappresentazione spaziale, il tetraedo (piramide a base triangolare).
    Nel complesso sistema di rappresentazione dei numeri di Pitagora l’1 rappresenta Dio, il 2 “la grande illusione”, il 3 il primo spazio chiuso cioè il mondo delle idee, il 4 il primo volume chiuso il creato.
    Fratelli, non abbiamo forse compiuto la grande opera, non abbiamo creato forse un universo attraverso queste apparentemente semplici operazioni?
    Secondo il Tao Te King 1 ha prodotto 2, 2 ha prodotto 3 e 3 ha prodotto tutti i numeri.
    Secondo la creazione descritta nel Pimandro, Dio non ha creato il proprio figlio che a sua volta ha creato il mondo della manifestazione e quindi l’uomo?
    Secondo il Vangelo di Giovanni: in principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio, anzi il Verbo era Dio, non si accorda in modo straordinario con la visione pitagorica?
    Procedendo avanti con la serie naturale dei numeri interi, assume importanza una successiva operazione fondamentale e vale a dire la moltiplicazione.
    I primi 10 numeri sono compresi in quattro categorie:
  • Numeri primi fattori di altri numeri della decade 2 3 5
  • Numeri primi non fattori di altri numeri della decade 7
  • Numeri composti fattori di altri numeri della decade 4
  • Numeri composti non fattori di altri numeri della decade 6 8 9.
    4 6 8 9 rappresentano la seconda tetractis quella dei numeri generati.
    Dal 10 in avanti assume importanza la generazione attraverso l’elevazione a potenza.
    Si deve a Pitagora la determinazione della progressione aritmetica geometrica e armonica.
  • Progressione aritmetica: A-B=B-D B= (A+D)/2
  • Progressione geometrica A:B=B:D B=radice A*D
  • Progressione armonica 1/A-1/B=1/B-1/D (media aritmetica degli inversi)

studi102[1]

Usando i primi quattro numeri scritti in questo modo: 1 1/2 2/3 3/4; si ottiene il tetracordo di Filolao 1 3/4 2/3 1/2 , dove la prima corda è il doppio dell’ultima, la seconda è la media aritmetica e la terza la media armonica. Con la legge di quinta (o media armonica) di ottengono le sette note.

La versione spaziale della legge di quinta è la divina proporzione o segmento aureo: 1.618. Tale rapporto si ottiene dividendo un segmento in due parti in modo che la parte breve sia media proporzionale fra la parte lunga e l’intero segmento (E’ appena il caso di sottolineare che questa idea ha avuto un ruolo centrale nel campo della musica e dell’architettura e dell’arte).

Un segreto ben nascosto fra i pitagorici, che si dice sia costato la vita al discepolo che lo divulgò, è l’esistenza dei numeri irrazionali. Mentre graficamente è facilissimo tracciare la diagonale di un quadrato, è invece impossibile trovare un segmento che sia contenuto in parti intere fra il lato e la diagonale, in altre parole le due grandezze non sono divisibili fra loro. Quest’anomalia stupì e colpì gli antichi scienziati, costituendo un’inspiegabile e inquietante anomalia dell’ordine che essi avevano trovato. Un altro caso particolare è la divisione della circonferenza in 5 o 10 parti. Da quest’operazione si ottiene, infatti, il pentagono e il relativo pentalfa. La figura poggia appunto sul concetto di media armonica, così che facilmente si comprende perché il 5 esprima la fratellanza e l’armonia. Solo una scienza che proviene dalla riunione di fratelli che lavorano in armonia può, infatti, generare la conoscenza divina. I compagni che lavorano in nome della progressione di quinta sono in grado di percepire l’armonia e di procedere nel cammino della conoscenza divina.

Un altro numero fondamentale è il 7. Esso è sacro a Minerva perché come Minerva non è generato e non genera altri fattori. Del resto la conoscenza non è generata dagli uomini, ma, come Minerva proviene da Giove, così la conoscenza deriva da Dio e non è generata da alcunché d’umano. Non per nulla la massoneria ha fatto di questo numero il numero della maestria.

Infiniti altri numeri od operazioni, consentono infinite altre speculazioni. Anche se il progresso scientifico moderno si appoggia a sistemi più complessi e più utili a produrre tecnologia, non possiamo assolutamente considerare superato o frutto d’oscure superstizioni il modo di procedere dei pitagorici, essi, infatti, non perseguono la conoscenza fine a se stessa, ma anelano a ricongiungersi, attraverso un lungo e faticoso cammino al Principio. Questa strada da percorrere con l’aiuto delle proprie forze, è resa possibile dall’insieme di conoscenze donate agli uomini dalla tradizione iniziatica. Proprio questo pellegrinaggio ad oriente, per usare le parole di Herman Hesse, rende la scienza sacra così diversa dalla scienza profana. L’attuale dominio della scienza profana spalanca le porte all’orrore della possibile distruzione dell’umanità. Bertolt Brecht, rivolgendosi a tali scienziati, così li ammonisce: “E quando, con l’andar del tempo, avrete scoperto tutto lo scopribile, il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanamento dall’umanità. Tra voi e l’umanità può scavarsi un abisso così grande, che ad ogni vostro eureka rischierebbe di rispondere un grido di dolore universale…”

Roberto Rinaldi