Simbolici Famosi :: Amedeo Rocco Armetano [detto ARA] (1886-1966)

Esoterista italiano. Ermetista e Massone di orientamento “pitagorico”, stretto amico di Arturo Reghini, fu tra i fondatori del Rito Filosofico Italiano. Musicista, durante il fascismo si traferì in Brasile.

Amedeo Rocco Armetano – detto ARA (1886-1966)

Nato a Scalea (Cosenza) il 10 febbraio 1886 da Giuseppe Armentano e Maria Alario, all’età di quindici anni si trasferì con la famiglia in Brasile, ove da tempo risiedevano dei parenti. Qui intraprese lo studio della musica (pianoforte e violino) e frequentò a São Paulo il circolo dei “Liberi Pensatori”. Nel 1905 ritornò in Italia e si stabilì a Firenze per frequentare il Reale Istituto Musicale. Nel 1907 fu iniziato nella Loggia “Lucifero” del Rito Simbolico Italiano del Grande Oriente d’Italia dal Venerabile Pietro Mori. Fu in quel periodo e probabilmente in quell’occasione che conobbe Arturo Reghini, che era tra i fondatori della Loggia. Si racconta che allora Amedeo Armentano “affascinava i circoli letterari fiorentini con i suoi astrusi, laconici ragionamenti sul tempo, sulla mente e sull’anima oltre che con i suoi poteri psichici”. Da allora e per tutta la loro vita tra i due vi fu un rapporto che la parola “fraternità” descrive in maniera insufficiente. Il 5 marzo 1909 è promosso Compagno. Il 29 agosto dello stesso anno a Napoli nasce suo figlio, cui darà il nome di Lorenzo Maia e di cui non rivelerà mai il nome della madre. Sono gli stessi anni in cui affittò la Torre sul mare a San Nicola Arcella, a pochi chilometri da Scalea, affidando il bambino di cui si è assunto la paternità alla nonna Maria Alario e a una nutrice. Nel 1910 è a Parigi dove fa amicizia con René Guénon che lo introduce in diversi circoli di intellettuali vicini alla Massoneria. Il 31 marzo 1911 è promosso al grado di Maestro e continuano le sue trasferte parigine. A Firenze dà un saggio della sua capacità al violino in una esecuzione nella casa del Fratello Roberto Assagioli. Su invito di Eduardo Frosini nel 1912, insieme ad Arturo Reghini, entra a far parte, con il nome di Ermete Cosentino, del Supremo Consiglio del Rito Filosofico Italiano, ricevendo il suo massimo grado, il VII, corrispondente al 33° del Rito Scozzese, con la carica di “Comes Præfectus Inquisitor”. Attraverso la Schola Italica e il Rito Filosofico Italiano vi era il tentativo di promuovere l’unificazione dei frammentati gruppi massonici, ritornando alla radici spirituali dell’Arte. Il nome del nuovo Rito richiamava alla mente da un lato il Rito Filosofico Scozzese, ritenuto avere qualche collegamento con i Pitagorici britannici, e dall’altro il Rito Simbolico Italiano, ritenuto in quel periodo troppo orientato alla “politica” e immemore delle sue autentiche radici italiche. Il Rito è stato descritto come intriso di elementi pitagorici e gnostici. Nel 1911, con Reghini Armentano riscrisse gli statuti del rito, disponendo che una copia dei Versi Aurei di Pitagora dovesse essere presente nel Tempio insieme agli altri utensili rituali. Assieme a Reghini, fondò diverse nuove Logge. Nel 1913 consacrò a Firenze il Tempio della L.:. “Hermes”, nella sua qualità di Magnifico e Venerabile Maestro della Scuola Pitagorica. Il 10 maggio è di nuovo a Parigi per ricevere dall’École Superieure Libre des Sciences Hérmétique il diploma ad honorem di dottore in ermetismo. Il 15 maggio è la volta del diploma di professore di filosofia iniziatica della Società Alchemica Italiana. Aveva solo 27 anni. Nello stesso anno acquista la Torre Talao per farne un luogo di riunione e soggiorno, di studio e meditazione degli amici e discepoli, tra i quali il Fratello Giovanni Amendola. Allo scoppio della I Guerra Mondiale si arruolò come volontario alpino, partendo per il fronte. Affidò il figlio Lorenzino alle cure di Reghini e della nuova nutrice, una giovane inglese di nome Myriam Southgate a lui fedelissima. Ottenuto un periodo di congedo per le sue condizioni di cardiopatico nel 1916 viene nominato, dal Supremo Consiglio Universale del Rito di Memphis e Mizraim e dell’Ordine Egiziano Antico e Primitivo, Gran Pontefice – Gran Conservatore dell’Ordine – Grande Interprete dei Ieroglifici e dei Simboli, delle Tradizioni e dei Dogmi. Chiamato alle armi anche Reghini, Myriam e il figlio Lorenzo partono per l’Inghilterra. Su denuncia di Guido Bolaffi, espulso dal Rito Filosofico, di collusione col nemico, i carabinieri perquisiscono Torre Talao. Le indagini ebbero come conseguenza l’arresto di Armentano nel marzo 1918 e la sua carcerazione fino al 16 luglio 1918 quando il Tribunale militare di Monteleone Calabro (oggi Vibo Valentia) lo mando assolto “per non aver commesso gli atti a lui imputati”. Gli giungono attestati di giubilo da amici, parenti e discepoli per una sentenza che, sia nello spirito sia nella forma, non lascia dubbi sulla sua onorabilità e sul suo amore per l’Italia. Nel 1919 il Rito Filosofico è “sospeso” e nei primi mesi dell’anno Armentano conclude le trattative per una cooptazione del gruppo suo e di Reghini nel Rito Scozzese Antico Accettato di Saverio Fera. Entrerà a far parte del suo Supremo Consiglio col suo grado di 33. Nel 1921 si reca nuovamente in Brasile da cui ritornerà in Italia sposato con la nipote sedicenne Giselda Perrone, figlia della sorella Emilia. Con un fidanzamento brevissimo, il matrimonio di rito civile si celebrò a Montevideo (Uruguay), dato che per l’impedimento della consanguineità non fu possibile celebrarlo in Brasile. Il 2 settembre 1922 Giselda, alla Torre Talao, assistitita dalla contessa Paola Costa Reghini, dà alla luce una bambina che fu chiamata Maria Emilia Filomena e che non sopravviverà al primo anno di vita. Il 16 novembre 1923, sempre asssistita dall’amica contessa, sorella di Reghini, nacque Giuseppe Raffaele Vincenzo. Nello stesso periodo si occupò dei problemi che angustiavano la Massoneria italiana, non ultimo una mediazione tra Palazzo Giustiniani e Piazza del Gesù, sollecitatagli da Raoul Palermi. Il 1923 è l’anno del consolidamento del partito fascista. Il 18 dicembre, in prossimità del solstizio d’inverno, con Reghini e altri dà vita al Sodalizio Pitagorico, richiamantesi agli stessi principi della Schola Italica di dieci anni prima. Le difficoltà con il fascismo aumentarono, anche a causa di una sua misteriosa attività politica a Roma. Il 3 maggio 1924 ARA – questo era diventato il suo soprannome dall’acrostico simbolico delle sue iniziali – con la sua famiglia s’imbarcò a Napoli per il Brasile per un viaggio dal quale non sarebbe più tornato, lasciando in Italia gli amici e i discepoli che misteriosamente lo venerarono. Lasciando il sogno della scuola esoterica concepita alla Torre Talao e portando con sé le delusioni proprie di chi non ha potuto raggiungere gli obiettivi desiderati. Dal Brasile resterà in corrispondenza con Guénon, sempre e assiduamente con Arturo Reghini fino alla sua morte nel 1946, con Palermi che gli affiderà un mandato specifico da svolgere nella Massoneria brasiliana. Grazie ai risultati soddisfacenti della sua attività commerciale – uno zuccherificio di cui erano proprietari i Perrone – contribuì all’uscita delle rivista Atanòr nel 1924 e Ignis nel 1925 in Italia. Nel 1926 la L.:. “Giuseppe Petroni” all’Oriente di São Paulo, composta da elementi della comunità italiana, gli scrisse che sarebbe stata onorata di una sua partecipazione ai loro lavori. Due anni dopo è chiamato a rappresentare nel Supremo Consiglio della Massoneria brasiliana numerose Logge. Intanto nel febbraio 1927 aveva stabilizzato la sua posizione a São Paulo con la nomina di Professore al Conservatorio Drammatico e Musicale di questa città, dedicandosi all’insegnamento e all’attività massonica e giornalistica. Tra le sue composizioni musicali, tutte composte in Brasile e tutte pubblicate e distribuite dalla Casa Ricordi: “Preludio”, “Kroton”, “Pensando a Napoli” (1927), “Scherzetto tragico” (1929) e “Cavaleiros de Malta” (1961).

Nell’agosto 1932 gli nasce l’ultimo figlio, Antonio Rocco e nel 1936 ottenne la cittadinanza brasiliana. Durante la II Guerra Mondiale, come tanti italiani residenti in Brasile, considerati soggetti pericolosi per la sicurezza della nazione, nel 1942 perderà il posto nel Conservatorio. Nel 1946 la morte di Reghini lo lasciò affranto e abbattutto, quasi si fosse reciso l’anello, forse il più prezioso, che lo legava al passato e l’anno dopo comincio a pensare alla vendita di Torre Talao, che risultò durante gli eventi bellici e post-bellici scaccheggiata di tutti i suoi arredi e che soltanto nel 1961 riuscì a vendere. Nel 1959 gli fu conferita la decorazione di Commendatore del Sovrano Ordine Militare di Malta e in un secondo momento compose l’Inno ufficiale dell’Ordine. L’unico contatto che ebbe col mondo esterno negli ultimi anni che precedettero la morte era il prezzo delle sigarette Minister che fumava una dietro l’altra. Per il resto passava le sue giornate chiuso nello studio, passeggiando nella stanza meditabondo e silenzioso. Il 14 settembre 1966, già prossimo all’età di 81 anni, serenamente diede l’ultimo respiro.

Amedeo Armentano è conosciuto negli ambienti degli studiosi di esoterismo come redattore della rivista Atanòr e come autore delle “Massime di Scienza Iniziatica” apparse nel 1924 sulla medesima rivista e nel 1925 su Ignis col commento di Arturo Reghini. Le “Massime di Scienza Iniziatica”, con i commenti di Arturo Reghini e Angelo R. De Masi e altro documentazione, sono state ripubblicate precedute da ampi studi introduttivi a cura di Roberto Sestito (Ancona, Casa Editrice IGNIS, 1992).

Amedeo Armentano, sebbene meno noto, può essere considerato, assieme a Leone Caetani, allo stesso Arturo Reghini, Guido de Giorgio, Giuliano Kremmerz e Julius Evola, tra le figure-chiave della rinascita di quello che troppo sbrigativamente e spesso con accezione negativa viene chiamato neo-paganesimo. Uomini che con la propria attitudine ed impegno hanno reso possibile la pubblicazione di opere dello Spirito alle quali dedicarono la vita, spesso introvabili, inedite e poco gradite a certo potere politico-culturale inerenti la scienza del sacro che in Italia, al di là delle mistificazioni e delle note ricette per improbabili apprendisti, trovarono in quei tempi una fulgida e radiosa luce di realizzazione. Oltre quindi i vari dissidi od incomprensioni che successivamente segnarono anche le varie personalità è importante cogliere il messaggio d’insieme, la fiaccola mai spenta della più profonda natura dell’uomo, una luce nella sua intima essenza immateriale che si espresse in quei “viandanti dell’anima” che diedero vita a riviste quali Atanòr, Ignis, Ur nelle quali mirabilmente può cogliersi non solo la straordinaria vitalità culturale di singole individualità ma principalmente quel fornello alchemico sotto la cui brace ancor cova un fuoco di conoscenza mai sopito e mai spento. Sarà d’obbligo qui ricordare un brano della sua allocuzione inaugurale della L.:. “Hermes” ( di Rito Simbolico Italiano) di Firenze: “… l’aquila nostra dovrà (quando i maestri occulti dei quali noi non siamo che i fedeli adepti, lo vorranno) spiccare il volo e portare ovunque viva un essere umano la grande parola che il nome di Roma racchiude: AMOR”.

Moreno Neri

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