Simbolici Famosi :: Giovanni Becciolini (1899-1925)

Martire della Massoneria ucciso dai fascisti. Firenze, la sua città, gli ha dedicato una Via e da diversi anni il Comune di Firenze depone, nell’anniversario della morte, una corona d’alloro sulla sua tomba, nel cimitero di Trespiano.

Giovanni Becciolini
Giovanni Becciolini

Giovanni Becciolini, impiegato, era stato neutralista, ma fu volontario di guerra. Repubblicano e socialista fu intimo amico dei fratelli Rosselli, in particolare di Carlo, e di Ernesto Rossi e fu uno dei dirigenti di “Italia Libera”. Il gruppo contestava con Gaetano Salvemini la scelta di Turati di ritirarsi “sull’Aventino delle proprie coscienze”, anziché esprimere con forza tutto lo sdegno per le azioni compiute dal fascismo. Dopo l’abolizione della libertà di stampa, la voce dell’opposizione si fece ancora più flebile. La reazione dei giovani militanti socialisti fiorentini fu immediata attraverso l’uscita di un nuovo giornale clandestino NON MOLLARE – Bollettino d’informazione durante il regime fascista (qui a fianco la prima pagina del n.1 del marzo 1925 di NON MOLLARE, dedicato al re d’Italia e alla libertà di stampa). La diffusione fu a livello nazionale e si arrivò a tirare quasi 12.000 copie. Il 20 settembre 1925 si riuscì a pubblicare, tra varie difficoltà, il settimo numero di NON MOLLARE, in cui fu riportata la lettera che Cesare Rossi aveva scritto a Mussolini minacciandolo di rivelare il nome del mandante dell’assassinio Matteotti. Sette giorni dopo Mussolini, a Vercelli, dichiarava che tutte le residue opposizioni andavano “abbattute, calpestate, sepolte”. I fascisti fiorentini che già all’inizio dell’anno gli avevano gridato “Duce, scioglici le mani” lo presero in parola. Del resto gli squadristi della Legione dell’ex scozzesista giustinianeo, e ora ras del fascismo fiorentino, Tullio Tamburini avevano già mostrato la loro anticipatrice solerzia il 20 luglio, aggredendo a Montecatini Giovanni Amendola, rappresentante dell’Unione nazionale e Fratello “in sonno”.

Vi è purtroppo, tra gli storici contemporanei della Massoneria italiana, una sorta di pudore autocensorio nel ricordare che le squadre fasciste di Firenze, di cui sarà vittima anche Becciolini, erano agli ordini dell’ex Massone e Scozzese del GOI Tullio Tamburini, come se la leggenda di Hiram e dei malvagi compagni non fosse un monito e un mito che si rinnova continuamente. Ben più franco è Aldo A. Mola che, tra l’altro, definisce Tamburini “lo spretato, il famigerato… livido astro … diretta espressione di [un altro ex affiliato, il ras di Cremona] Roberto Farinacci”.

Immediate dunque le rappresaglie e le spedizioni punitive che culminarono in quella che è definita, volta a volta, con definizioni efficaci, la “notte di S. Bartolomeo” o il “pogrom”, tra il 3 ed il 4 ottobre. Infatti nella notte del 25 settembre 1925, scrisse Salvemini, “i fasci fiorentini iniziarono una ‘caccia all’uomo’ contro i massoni che durò sino al 5 ottobre; dando luogo all’impresa “più atroce tutte le azioni criminose compiute dagli squadristi in quell’anno”, come affermò Manlio Cancogni, mettendo a sacco abitazioni e negozi e commettendo aggressioni e violenze nei confronti di decine di persone, lasciando uccise forse il doppio delle quattro persone ufficialmente annoverate.

Anche per la dolente rievocazione letteraria fattane da Vasco Pratolini nel romanzo Cronache di poveri amanti (Vallecchi, Firenze, 1947) sono ben note le pagine più macabre di quel pogrom. Vi rimasero uccisi, oltre a Becciolini, i Massoni Gaetano Pilati, ex deputato socialista e mutilato di guerra, e l’avvocato Gustavo Console, mentre nella stessa notte veniva data alle fiamme, nella vicina San Baronto, la villa del Gran Maestro del GOI Domizio Torrigiani.

Giuseppe Becciolini, iniziato nel 1922 nella Loggia “Galilei” di Firenze, nel 1925 era Segretario della celebre Loggia di Rito Simbolico “Lucifero” del Grande Oriente d’Italia.

La fase più acuta della “notte di san Bartolomeo” antimassonica iniziò nella notte del 3 ottobre con l’assalto squadristico proprio alla casa dell’anziano Maestro Venerabile della Loggia “Lucifero” Napoleone Bandinelli dal quale gli squadristi contavano di poter ricavare informazioni sull’organizzazione liberomuratoria toscana. Mentre Bandinelli opponeva resistenza agli squadristi che cercavano di trascinarlo alla vicina sede del fascio Giovanni Becciolini, suo vicino di casa, si levò a difendere il suo Venerabile, col quale – afferma Giordano Gamberini – stava predisponendo un Verbale di tenuta di Loggia. Col suo coraggioso intervento, con le armi alla mano, consentì al Venerabile di mettersi al sicuro, fuggendo sui tetti.

Rimasto nelle mani della squadraccia, a Becciolini fu addebitata la morte di uno degli assalitori, Giovanni Luporini, rimasto ucciso da un colpo di pistola, esploso nel corso della colluttazione, e il cui vero responsabile non fu mai individuato con precisione, anche se, messolo per sempre a tacere, fu incolpato l’assalito. Ma sulla dinamica dei fatti esistono versioni diverse e contrastanti. Come che sia, tradotto nella sede della squadraccia, fu selvaggiamente seviziato. Ricondotto presso l’abitazione di Bandinelli, fu massacrato presso i cancelli dei Mercati centrali. Il suo cadavere, di cui era stato fatto scempio, fu esposto all’orrore della folla.

Aveva solo 26 anni. Tre giorni prima della sua tragica fine, aveva scritto al Fr.:. Menotti Baldini:

Qui le cose non vanno troppo bene, come saprai. Ci vuol pazienza, fino a che questa non scappa una volta per sempre e allora non sarà cambiato sistema. Tutto ha un limite, nelle cose umane. E tutto passa. L’idea sola rimane a tutto ed a tutti sopravvivendo, perché elevata a generatrice di bontà e di generosità.

Moreno Neri

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