EUTERPE PATRIA

Inno popolare


1

 

Suona la tromba, ondeggiano

le insegne gialle e nere;

Fuoco! per Dio, sui barbari,

sulle vendute schiere.

Già ferve la battaglia,

al Dio de’ forti osanna,

le bajonette in canna,

è l’ora del pugnar.

 

Né deporrem la spada

finché sia schiavo un angolo

dell’Itala contrada,

finché non sia l’Italia

una dall’alpi al mar.

 

Di guerra i canti echeggiano,

l’Italia è alfin risorta,

se mille forti muojono

in orrida ritorta,

se a mille a mille

cadono trafitti i suoi campioni,

siam ventisei milioni

e tutti lo giurar:

 

Non deporrem la spada

finché sia schiavo un angolo

dell’Itala contrada,

finché non sia l’Italia

una dall’alpi al mar.

 

Viva l’Italia or vendica

la gloria sua primiera,

segno ai redenti popoli

la tricolor bandiera,

che nata fra i patiboli

terribile discende

fra le guerresche tende

dei prodi che giurar

 

2

 

Di non depor la spada

finché sia schiavo un angolo

dell’Itala contrada,

finché non sia l’Italia

una dall’alpi al mar.

 

Sarà l’Italia e tremino

gli ignavi e gli oppressori...

Suona la tromba e fervono

d’ardore i nostri cori:

Dio pugnerà col popolo...

Curvate il capo, o genti,

la speme dei redenti,

la nuova Roma appar:

 

Non deporrem la spada

finché sia schiavo un angolo

dell’Itala contrada,

finché non sia l’Italia

una dall’alpi al mar.

 

Noi lo giuriam pei Martiri

uccisi dai tiranni,

pei sacrosanti palpiti

compressi in cor tant’anni,

e questo suol che sanguina

il sangue degli eroi

al Cielo, ai figli tuoi

ci sia solenne altar:

 

Non deporrem la spada

finché sia schiavo un angolo

dell’Itala contrada,

finché non sia l’Italia

una dall’alpi al mar.

 

 versi: Goffredo Mameli

musica: Giuseppe Verdi

26 agosto 1848


Il Fratello Massone Goffredo Mameli, il poeta garibaldino della difesa di Roma, era infiammato dall’amor di Patria come tutti gli artefici dell’unità d’Italia. Il giovane patriota (era nato a il 5 settembre 1827 da Giorgio Mameli, ammiraglio della marina sarda e dalla marchesa Adelaide Zoagli Lomellini) non soltanto scrisse le parole del nostro Inno nazionale, ma anche quelle di quest’inno che fu musicato da Giuseppe Verdi, intititolato alla Musa della musica e della poesia lirica. Fu scritto, dopo la caduta di Milano insorta e dopo la sconfitta di Custoza. Mameli dopo aver partecipato agli scontri nella colonna genovese dei volontari col grado di capitano dei bersaglieri, era rientrato a Genova, entrando a  far parte del Circolo Italiano, che raccoglieva mazziniani e i liberali moderati; collaborò a “Il Pensiero italiano” e pubblicò questi versi, noti anche come il Canto di guerra, composti su invito di Mazzini. Musicati da Giuseppe Verdi che nella seconda metà degli anni quaranta s’interessò sempre più di politica e nel giugno del ‘47, a Londra per curare l’allestimento dei Masnadieri, aveva conosciuto l’esule Mazzini. L’anno successivo, dopo il fallimento delle speranze generate dai moti milanesi, commissionato il testo a Mameli, Mazzini affidò al ‘bardo del Risorgimento’ la melodia di quella che avrebbe dovuto diventare, nella sua idea, una “marsigliese italiana”.


Giuseppe Verdi ritratto da Giovanni Boldini
(Casa di riposo Giuseppe Verdi, Milano)