BELLA CIAO


Una mattina mi son svegliato

O bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao.

Una mattina mi son svegliato

E ho trovato l’invasor.

 

Oh! Partigiano portami via

O bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao.

Oh! Partigiano portami via

Che mi sembra di morir.

 

E se io muoio da Partigiano

O bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao.

E se io muoio da Partigiano

Tu mi devi seppellir.

 

E seppellire sulla montagna

O bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao.

E seppellire sulla montagna

Sotto l’ombra di un bel fior.

 

E questo è il fiore del Partigiano

O bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao.

Questo è il fiore del Partigiano

Morto per la libertà.

 

Tutte le genti che passeranno

O bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao.

Tutte le genti che passeranno

Mi diranno che bel fior.  

Anonimo

1943

 

L’origine del ritornello è incerta, ignoto l’autore del testo. Di certo si tratta di una rielaborazione di una ballata popolare piemontese del ‘600, diffusa anche nell’area della Provenza, nota come “Fiore di tomba”. L’aria tradizionale divenne, poi, con altre parole, prima una canzone di lotta delle mondine della Val Padana poi un canto di protesta contro la guerra del ’15-’18. Questo il testo della “Bella ciao delle mondine”:

 

Alla mattina appena alzata

o bella ciao bella ciao

bella ciao ciao ciao

alla mattina appena alzata

in risaia mi tocca andar

un duro lavoro mi tocca far

 

e tra gli insetti e le zanzare

o bella ciao bella ciao

bella ciao ciao ciao

 

il capo in piedi col suo bastone

o bella ciao bella ciao

bella ciao ciao ciao

il capo in piedi col suo bastone

e noi curve a lavorar.

 

O mamma mia o che tormento

o bella ciao bella ciao

bella ciao ciao ciao

o mamma mia o che tormento

io ti invoco ogni doman.

 

Ma verrà un giorno che tutte quante

o bella ciao bella ciao

bella ciao ciao ciao

verrà un giorno che tutte quante

lavoreremo in libertà.

 

Diventò, infine, ancora con altre parole la canzone sinbolo della Resistenza. “Bella Ciao” è la canzone più conosciuta della Resistenza italiana, la canzone italiana che diede speranza ai partigiani che lottarono contro la Repubblica di Salò e contro il nazismo in Italia, entrata ormai nelle canzoni storiche del nostro Paese. Se ne conoscono diverse varianti, ma questa sembra la più comune. La canzone partigiana cantata durante la guerra di liberazione dal nazifascismo di sessanta anni fa è tornata in quest’ultimo periodo in auge. Si vorrebbe che fosse fatta propria da tutti gli italiani che vogliono esprimere rispetto per i valori della nostra democrazia e impegno per salvaguardarli e potenziarli. Perciò con “Bella Ciao” vogliamo rivolgere un pensiero riconoscente a quelle persone che hanno combattuto talvolta fino all’estremo sacrificio – pensiamo, ad esempio, ai tanti nostri Fratelli Massoni morti nelle Fosse Ardeatine, per la libertà e grazie ai quali oggi possiamo vivere in un paese in cui i diritti inviolabili dell’uomo sono riconosciuti e garantiti dallo Stato.

Ma perché tutto ciò che è stato non venga dimenticato, vogliamo rievocare i giorni tragici dell’occupazione tedesca in Italia, segnati da violenza, odio e dolore, attraverso i versi della lirica di Salvatore Quasimodo, iniziato nella Loggia “Arnaldo da Brescia” all’Oriente di Licata il 31 marzo 1922. I versi sono in particolari dedicati al nostro Fratello Guido Nozzoli, Maestro della Rispettabile Loggia “Giovanni Venerucci” all’Oriente di Rimini, che nel 1943 fu arrestato per “attività politica contraria al regime” e dopo il 25 luglio partecipò alla Resistenza nell’entroterra romagnolo. Passato all’Oriente Eterno l’11 novembre 2000, fu giornalista, scrittore, uomo politico dall’intensa partecipazione alla vita del Paese, inviato speciale dove c’era da raccontare l’orrore delle guerre di liberazione (dall’Algeria al Vietnam), lascia il ricordo di una persona che onestamente ha combattuto le sue battaglie ideali, nel segno della Giustizia e della Libertà con un profondo e pieno esoterismo. Quando raccontava la scena della fucilazione di un soldato vietcong (che urlava alle armi spianate il suo credo di libertà negata dall’invasione straniera), Guido aveva gli occhi lucidi e gli si incrinava la voce. Era la stessa commozione che provava nel ricordo dei Tre Martiri riminesi i quali, catturati, non parlarono, salvando così la vita dei compagni, tra i quali c’era pure Nozzoli. Al contrario di altri che poi si sarebbero inventati meriti inesistenti, lui non ha mai esibito quelli veri, tra cui ci fu il suo adoperarsi perché San Marino non venisse bombardata a tappeto, come Montecassino. Accanto al fiore del partigiano, sulla sua tomba c’è il motto del Massone romagnolo : “ne mors ne brej” – né morso né briglia.

 

Alle fronde dei salici.

 

E come potevano noi cantare

con il piede straniero sopra il cuore

fra i morti abbandonati nelle piazze

sull’erba dura di ghiaccio, al lamento

d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero

della madre che andava incontro al figlio

crocifisso sul palo del telegrafo.

Alle fronde dei salici, per voto,

anche le nostre cetre erano appese

oscillavano lievi al triste vento.


Guido Nozzoli, partigiano, scrittore,
 giornalista e Maestro Massone