Dalla Perpendicolare alla Livella, una Tornata di riflessione

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Il 22° giorno del 12° mese dell’A∴ di V∴ L∴ 6011 (22 febbraio 2012 E∴ V∴), raccolti dal motto Né morso né briglia, i Fratelli della R∴ L∴ Guido Nozzoli n. 1282 all’Oriente di Rimini si sono riuniti, sotto gli auspici del G∴ O∴ I∴, nel punto geometrico noto ai soli Figli della Vedova.

A mezzogiorno in punto il Maestro Venerabile apre i Geometrici Lavori chiamando i Fratelli a lavorare sotto il simbolo della Livella.

Il Fr. Esperto conduce nel Tempio l’Apprendista che chiede di passare dalla Perpendicolare alla Livella.

Viene accolto dal Maestro Venerabile che, su approvazione della Camera tutta, gli fa compiere cinque viaggi al termine dei quali, prestata la promessa solenne, viene ricevuto e nominato Compagno d’Arte Libero Muratore.

L’Oratore sottolinea la continua meraviglia che lo coglie al passaggio di grado da Apprendista a Compagno. Ho in passato sottovalutato il grado di Compagno – continua – per non averlo compreso a fondo, ma ora vi vedo tutto il nostro percorso di liberi muratori: è infatti il grado che più di tutti appare legato al mestiere.

Il nuovo Compagno è invitato a rivedere i singoli passaggi del rito e a riviverli.

Perché i Compagni verificano se l’aumento di salario è stato meritato con il lavoro e lo zelo? Cosa è il lavoro massonico?

Perché è necessario essere zelanti?

Da Apprendista il Candidato ha sgrossato la Pietra grezza, specifica il Rituale. Cosa è la Pietra grezza? Può essere il proprio ego, per cui il lavoro di sgrossamento indicherebbe di ridurlo (almeno un poco). La Pietra è stata proprio sgrossata? Siamo pronti a continuare il lavoro più “fine” del Compagno levigando la Pietra?

Cosa significa levigare la Pietra? Potere stare più vicini gli uni agli altri come le pietre nel muro?

Il Rituale indica che il lavoro del Compagno deve svolgersi in una sfera meno materiale, ma nessuno dei Compagni potrà insegnarlo perché nel Secondo Grado non si può insegnare nulla di “cose sottili” e dovremo imparare da soli. Se poi il Compagno rimarrà deluso la colpa non sarà degli altri, ma solo sua e del suo lavoro inadeguato.

Cosa è la Bellezza dell’Immaginazione? Nessuno te lo insegnerà – continua l’Oratore rivolgendosi al neo-Compagno – e la tua risposta non sarà uguale alle risposte dei tuoi Fratelli, ma nemmeno in contraddizione con quelle.

Come si passa dalla Perpendicolare alla Livella? Dovremo scoprirlo da soli.

L’Apprendista nel suo percorso verso il Compagnonaggio compie cinque viaggi, usando molti utensili; l’ultimo viaggio però è a mani nude. Meditiamo sul simbolo.

Il Maestro Venerabile dispone che il neo Compagno venga posto tra le Colonne. Quindi scende dallo scranno e si ferma all’Est dell’Ara, rivolto ad Occidente; sposta il Maglietto nella mano sinistra e si mette all’Ordine di Compagno mentre il Maestro delle Cerimonie afferra il Testimone e glielo pone davanti, all’altezza del plesso solare. Il Maestro Venerabile allora fa il gesto di strapparsi il cuore dal petto e porgerlo prima al nuovo Compagno poi ai Compagni tutti, quindi pian piano passa alla posizione dell’Uomo vitruviano (braccia e gambe distese come inscritto in una circonferenza) e pronuncia a voce alta una sola parola: «Cinque».

Dopo un breve silenzio il Maestro Venerabile ritorna in cattedra e il Maestro delle Cerimonie ripone il Testimone.

Il Maestro Venerabile controlla la levigazione delle pietre del cantiere.

La parola negata all’Apprendista ora è concessa, ma inutilmente, perché nel Secondo Grado non hanno posto l’intelletto, il ragionamento, l’erudizione, la cultura: paradossalmente usiamo le parole per “dire” che le parole non servono…

La parola è lo strumento dell’Apprendista. Ogni domanda non fatta è un occasione persa. Chi non chiede continua ad essere seduto nel Gabinetto di Riflessione, sterilmente morto.

Nella camera di Compagno l’io non conta, conta il noi. Contano i cinque sensi… e tra di essi la parola non compare…

Qui si chiede di imparare a vedere con gli occhi dell’altro, ad ascoltare con le orecchie dell’altro, ad annusare col naso dell’altro, a gustare con la bocca dell’altro, a toccare con la mano dell’altro. Solo così si può essere partecipi della sua realtà e condividere…

Qui si chiede di dominare i sensi: non di reprimerli; di liberarsi dal loro dominio, di imparare ad utilizzarli con talento e conoscenza, e interpretare ciò che raccontano… senza parole. Infatti conta il cuore, strumento e obiettivo al tempo stesso.

Qui si chiede di condividere il cuore, metaforicamente e realmente, di strapparlo dal petto e di offrirlo all’altro… La mano ad artiglio sul cuore, …non serve dire oltre…

Il Maestro Venerabile legge la tavola “La Morte – carta n. 13: il Cambiamento” livellata da un Fratello di Loggia trasferitosi momentaneamente all’estero per motivi professionali.

“Nulla si crea, Nulla si distrugge”. Il simbolo astrologico collegato alla Morte è lo Scorpione: è una delle tre vie che associano la personalità (un aspetto della normale coscienza vigile) con l’individualità (coscienza spirituale o io superiore). Questa via, nell’Albero della Vita, rappresenta anche la Via dell’Iniziazione, in quanto è una piccola “morte”: l’uomo lascia alle spalle tutte le cose vecchie, si decompone, per poi ricongiungersi in una nuova forma. È questo il segno della trasmutazione e della disintegrazione, una nuova “vita” per il soggetta “iniziato”. L’essenza dell’Io, cioè l’anima, deve con grandissimo sforzo mantenersi intatta.

La “Morte” è ineluttabilmente collegata alla “Vita”, ciclo talora raffigurato come una ruota. Un continuo rinascere e morire sino a quando si acquista consapevolezza e si raggiunge il Nirvana. Quindi la trasmigrazione dell’anima…

Carta inquietante ed allo stesso tempo affascinante. Carta del cambiamento di uno stato d’essere, diverso ma sempre uguale.

Come l’acqua diventa vapore e poi ridiventa acqua così il nostro corpo al trapasso fisico va in decomposizione, fornendo sostanze che a loro volta daranno nuova vita e nuovi frutti.

San Francesco la chiamava “Sorella Morte”; il Principe De Curtis invece “Livella”, perché giunto il momento, non guarda né età, né colore della pelle, idee politiche o religiose, né la bellezza, né quantomeno la dimensione del portafoglio… Davanti alla Morte siamo tutti livellati, tutti uguali…

Rappresenta anche la vera “giustizia”: l’unico vero senso e scopo della nostra esistenza. Nel corso della nostra vita quante batoste e delusioni abbiamo avuto?

Chi di Noi dopo una delusione, non si è sentito morire? poi, piano piano con il tempo, ha superato questo momento,

“Rinascendo a Nuova Vita”?

Il concetto di Morte è strettamente legato alla Rinascita, al ri-uscire a rimettersi in gioco, al ri-uscire a rimettersi in discussione.

Essa rappresenta la vera trasformazione alchemico-spirituale del nostro essere più profondo: questo è il vero “arcano” della carta.

E’ detto Arcano di Morte (pur essendo l’unico Arcano senza nome); ma in realtà è carta di vita. La vera carta distruttiva è la Torre. La Morte è un passaggio e simbolicamente va vista nel suo aspetto di rinascita. E’ invece la perdita del senso della vita (nel suo aspetto completo di nascita – vita – morte) che lega la morte alla sconfitta e alla fine.

Se vogliamo far parlare l’Arcano senza nome dobbiamo liberarci degli orpelli negativi che la cultura occidentale gli ha attribuito.

Un Fratello racconta uno dei suoi primi ricordi: avevo due anni, camminavo per la strada e avevo il senso di “essere” pur non avendo nessuna di quelle sovrastrutture che spesso attribuiscono una esistenza.

Dobbiamo essere consapevoli che tutto ciò che abbiamo fatto, e quindi oggi fa parte della nostra storia, poteva non essere stato fatto oppure poteva essere stato fatto in modo diverso.

L’uomo ha un io ipertrofico che diventa ego e vede il mondo mediante concetti. Per l’uomo di oggi la morte non è che un concetto e, quindi, la allontana. non cogliendone la funzione trasformatrice. Ma se l’uomo riesce a limitare e diminuire il proprio ego allora trionferà sulla morte. Riuscirà a coglierne il suo ruolo disgregatore per altre riaggregazioni. E’ come un adolescente che per maturare deve cancellare parti di se stesso.

Per una rivoluzione umanista bisognerà passare da una società basata sull’ego ad un’altra che si fonderà sul sé. E forse nella trasformazione è indispensabile uno stadio di nichilismo per distruggere il vecchio e riaggregare il nuovo.

L’io può essere indicato da Ulisse che torna alla propria casa e riconquista la propria donna sconfiggendo i Proci. Il Maestro può essere indicato da Ulisse che, insoddisfatto del ritorno a casa, in cerca della conoscenza, oltrepassa le Colonne di Ercole.

L’uomo lavora con l’emisfero destro del cervello o con quello sinistro come fossero organi separati: parla quindi di razionalità e intuizione, irrazionalità e logica. Il suo lavoro invece deve tendere a riunire i due emisferi, superando la frattura.

Un simbolo molto significativo è il nodo d’amore, formato da due tondi uniti per un punto. Simbolo matematico dell’infinito, ha una caratteristica particolare. Se lo si percorre interamente risulta un movimento orario in un tondo e antiorario nell’altro, e quel punto di unione e inversione del moto è come una porta, un passaggio dalla vita alla morte e dalla morte alla vita.

Giuseppe Ungaretti: La morte / si sconta / vivendo.

Francesco Guccini: …aspetta sol lo schianto e poi che giunga il manto della grande consolatrice.

Francesco di Assisi: Laudato si’ mi Signore, per sora nostra Morte corporale.

Sorella Morte è il punto di arrivo che coincide con la partenza; è infatti un passaggio, un viaggio. Ci ricorda il viaggio nel Gabinetto di Riflessione e ci ricorda il viaggio nell’altrove. Il Gabinetto di Riflessione non è tanto un simbolo, quanto una vera e propria esperienza che il massone deve ripetere più e più volte nel suo cammino, se vuole lavorare sui “mostri che abbiamo dentro“.

Il passaggio da Apprendista a Compagno non è una promozione, ma una assunzione di nuove responsabilità. Se si fallisce allora il fallimento è completo. Hiram infatti non viene ucciso da profani o da chi, come Apprendista, è all’inizio del cammino, ma da Compagni, anzi (in alcune versioni della leggenda) da Compagni che avevano il compito di sovrintendere al lavoro, quindi da lavoranti ai vertici del cantiere. Il loro lavoro interiore nel Gabinetto di Riflessione non fu certo completo ed accurato, altrimenti non si sarebbero macchiati del delitto. Ma Hiram sarebbe il Maestro Hiram se non fosse stato ucciso dai cattivi Compagni?

Il Maestro Venerabile completa la livellatura della pietra.

Fratelli… siamo nella camera di compagno… lasciamo che sia la carta a parlare…

Se l’arcano potesse parlare… Voi voi voi… Che mi ammorbate con l’odore della malattia che chiamate vita… Voi che mi chiamate Signora e Padrona… Che mi dedicate canzoni…poesie…maledizioni… Voi che mi incolpate per colpe che non ho… Cinque volte vi ho chiesto di spiegare perché mi temete Cinque volte vi ho chiesto di spiegarmi il perché di tutto ciò. Io non conosco cos’è la vita perché non sono mai stata viva Io non conosco né l’uomo né la donna perché non sono né l’uno né l’altra Io compio solo il mio lavoro… Senza protezione Io non ho pelle come voi… E la mia carne è scoperta Io non ho labbra per sorridere… Io non ho occhi per vedere. E il mio naso è nero per il vostro fetore… Per il fetore di quella malattia che chiamate vita… Insegnatemi a conoscere cos’è la vita… che non conosco perché non ho mai vissuto… Voi che vedo prima… durante… e dopo… Voi che nel momento della nascita morite a quello che credete vita e piangendo venite in questo mondo… e piangendo lo lasciate… Insegnatemi a conoscere cos’è la vita… che non conosco perché non ho mai vissuto… in modo che io possa insegnarvi cosa è la morte.

L’Oratore conclude ricordando il verso virgiliano posto da Freud nel frontespizio dell’Interpretazione dei sogni: flectere si nequeo superos, Acheronta movebo (cioè: Se non posso muovere i celesti, smuoverò gli Inferi – Eneide VII, 312). Indica cosa può essere la pietra dei costruttori. Ma una grande difficoltà viene dal credere ognuno il proprio inconscio immortale: è possibile provare qualsiasi esperienza, ma non quella della nostra morte. Se invece fossi in grado di realizzare (non solo razionalmente) l’idea di non essere immortale allora….

L’Oratore propone il seguente sonetto di Cecco Angiolieri come sunto del lavoro della tornata e come stimolo per le riflessioni dei Fratelli.

S’i fosse fuoco, arderei ‘l mondo;
s’i fosse vento, lo tempestarei;
s’i fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i fosse Dio, mandereil’ en profondo;
s’i fosse papa, allor serei giocondo,
ché tutti cristiani imbrigarei;
s’i fosse ‘mperator, ben lo farei;
a tutti tagliarei lo capo a tondo.

S’i fosse morte, andarei a mi’ padre;
s’i fosse vita, non starei con lui;
similemente faria da mi’ madre.

Si fosse Cecco com’i’ sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le zoppe e vecchie lasserei altrui.

Il Maestro Venerabile controlla lo stato dei lavori di levigazione della Pietra Sgrossata in Pietra Cubica e come i Compagni stiano salendo sulla Scala Curva che conduce alla Camera di Mezzo. Avuto quindi conferma dal 1° Sorvegliante che è giunta l’ora in cui gli Apprendisti debbono riprendere i loro posti, chiude i lavori della Camera di Compagno ed ordina al Copritore Interno di introdurli nel Tempio.

 Dal Cantiere muratorio della

R.’.L.’. G. Nozzoli, 1282 – Or.’. Rimini