Con il cuore inquieto… Spunti da letture

ConIlCuoreInquieto-05-05-2014

Nella nostra vita quotidiana, spesso constatiamo che i ragazzi sono inquieti; superficialmente leghiamo questa espressione ad un fatto esclusivamente disciplinare per assumere le giuste misure, atte ad arginare la loro spontaneità.

Certamente, i limiti, spesso, vanno posti, però non bisogna mai impedire lo sviluppo di quell’altra inquietudine, quella della scoperta, che spinge l’uomo a mettersi in cammino…

La disciplina è un mezzo necessario al servizio di un’educazione integrale, ma essa non può trasformarsi in una mutilazione del desiderio, cioè non come qualcosa da possedere ma come ciò che faccia spazio. Il desiderio si contrappone alla necessità; quest’ultima è soddisfatta non appena la carenza viene colmata, mentre il desiderio è la presenza di un bene positivo ed aumenta, sempre, mettendosi in movimento verso un “di più”.

Il desiderio di verità procede da incontro ad incontro e la disciplina non deve tagliare le ali all’immaginazione, alla sana fantasia e alla creatività.

Ma come integrare la disciplina, l’ordine con l’inquietudine interiore? Come fare della disciplina e dell’ordine un limite costruttivo di un percorso che una persona deve intraprendere e non un muro che lo annulli o una dimensione dell’educazione fuorviante?

Nel mondo d’oggi, guardando ai comportamenti si direbbe di volere “persone quiete”; un massone, al contrario, ribatterebbe di preferirle inquiete nei desideri e nei propositi.

Una persona “inquieta”, secondo quest’ultima accezione è soggetto sensibile agli stimoli del mondo e della società, che si apre alle crisi che la vita provoca in essa, che si ribella ai limiti ma, d’altra parte, li reclama e li accetta se sono giusti.

Ma è possibile integrare la disciplina, il rispetto della regola e l’ordine, con l’inquietudine interiore

Uno che non è conformista, rispetto ai cliché culturali che la società mondana gli propone è una persona che vuole imparare a discutere… e così via…

Ma, affinché il rispetto della regola acquisisca il sigillo di libertà è necessario saper leggere il linguaggio dell’inquietudine, dal bisogno di muoversi fisicamente, dall’incapacità di star fermi, al porre continuamente domande, fino alla messa in discussione e in dubbio ogni cosa, ansioso di ricevere un’ulteriore risposta.

Questo dato ci riporta a quanto sopra evidenziato: l’uomo in cammino che spera, ricerca e forgia il suo destino e, di converso e il dramma di quello quieto, che è diventato statico.

La mondanità odierna cerca di acquietare l’uomo, di anestetizzare i suo desiderio di mettersi in viaggio, con proposte di possesso e di consumo, sempre proteso a disporre delle ultime novità, che appaiono indispensabili.

In questo modo, l’uomo è alienato dalla possibilità di riconoscere ed ascoltare il più profondo desiderio del suo cuore.

La frase ” oscure e profonde prigioni del vizio” contiene una quantità di alibi che manipolano, ulteriormente, il desiderio di cammino e offrono, in cambio, una soddisfazione apparente.

Questi stati d’essere che imprigionano l’uomo sono la lussuria, l’avarizia, la vanagloria, la superbia, altro e il nostro io, immobilizzano l’anima impedendole di camminare verso orizzonti di spiritualità e di libertà. Essi sottomettono il cuore offrendogli un certo benessere che porta apparente quiete e, a volte, un’eccitazione controllabile.

Il cuore, allora, rimane ingabbiato in problematiche esistenziali di superficie; essi sono ostacoli alla vera ricerca interiore e, spesso, pretesti, scappatoie che nascondono la paura della libertà e di perseverare nel cammino.
Nel corso della storia si sono moltiplicati i dogmatismi ed i fondamentalismi; in sostanza si tratta di sistemi di pensiero e di condotta che servono da rifugio, esprimendo essi la rigidità del pensiero unico, all’interno del quale la persona si protegge dalle crisi in cambio di una certa quiete esistenziale.

Chi si rifugia nel fondamentalismo o nel dogmatismo è persona che ha paura di mettersi in cammino alla ricerca della verità, perché, già la “possiede”.

Ma, la nostra ricerca della verità non è statica, poiché essa è infinita e può essere sempre conosciuta maggiormente essendo possibile immergersi sempre più nelle sue profondità.

La verità su cui fondiamo la nostra esistenza deve aprirsi al dialogo, alle difficoltà che altri ci mostrano o che le circostanze ci pongono.

La verità è sempre ragionevole anche qualora ognuno di noi non lo sia e la sfida consiste nel mantenersi aperti al punto di vista dell’altro, senza fare delle nostre convinzioni un unicum statico.

Dialogo significa parola, che si condivide (il logos) , ragione che si offre nell’amore, per costruire, insieme, una realtà, sempre più… (migliore).

In questo circolo virtuoso, il dialogo svela… la verità… e la verità si nutre del dialogo.

L’ascolto attento, il silenzio rispettoso, l’empatia sincera, l’autentico metterci a disposizione dello straniero, dell’altro sono virtù essenziali da coltivare e trasmettere nel mondo d’oggi.

Così, appaiono tre dimensioni dialogiche, intimamente connesse: una tra la persona e Dio, il nostro Principio, l’Essere Supremo, una degli esseri umani tra loro e una terza, il dialogo con noi stessi.

Attraverso queste tre dimensioni la nostra ricerca aumenta, aumenta, aumenta…

Per entrare in questo processo non bisogna avere paura della ricerca della conoscenza e, quindi, non avere paura della verità.

Allora, come educare alla libertà, a volte, dolorosa, del cammino dell’umanità, che ricerca la verità ed esortare a proseguire il cammino per continuare a cercarla?

Come formare gli esseri umani, liberi nel cammino dell’esistenza, affinché non finiscano preda delle mille forme del conformismo e delle prigioni del vizio? Come fare in modo che dall’inquietudine per la disciplina e per l’ordine si diventi ” inquieti” nella ricerca?…..

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Il Serenissimo Presidente del Rito Simbolico Italiano.
Fr. Maestro Architetto
Giovanni Cecconi