L’Infinito

DA DOVE E’ NATO L’INTERESSE PER L’INFINITO?

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L'Infinito---Tavola-Ravenna---2014

Questa tavola resta una tavola propedeutica, elementare, preparatoria, iniziale, preliminare e puramente introduttiva alla trattazione dell’infinito.

Il concetto di Infinito già al tempo dei Greci vedeva i primi pensatori, quali Aristotele e Platone, che ne davano soprattutto un’impostazione negativa perché, per gli stessi, l’idea di infinito e quella di perfezione si opponevano.

Invero, per Platone, l’infinito è ciò che non si lascia penetrare dall’idea, che sta alla base della sua filosofia; per Aristotele l’infinito è l’assenza del limite, cioè della forma; è ciò al di là del quale vi è sempre qualcosa, ossia l’imperfetto, l’incompiuto. Successivamente, con l’avvento del Cinquecento-Seicento, pensatori come Giordano Bruno rivaluteranno, considerandole più favorevolmente, le teorie sull’Infinito, e soprattutto, per capire e dare una spiegazione all’infinito, si aiuteranno con il ricorso all’astronomia. Giordano Bruno come sappiamo sarà messo al rogo il 17 febbraio 1600, soprattutto a causa dei suoi scritti, già messi all’indice, per le affermate teorie copernicane.

Invero, Giordano Bruno sosteneva, al contrario di Aristotele (fautore della teoria geocentrica), che era il sole al centro del “nostro sistema” e, in più, andava oltre, sostenendo che il nostro sistema non era l’unico ma, al di fuori, vi era un’infinità di altri mondi e di altri universi. Per Giordano Bruno, in tutto l’Universo non vi è una posizione centrale, come invece era predicato dal geocentrismo.

Dopo Giordano Bruno, anche Galileo Galilei sostiene le teorie sull’eliocentrismo, anche aiutato dalle sue osservazioni al telescopio, ma molti e molti anni ancora ci vorranno perché queste “vere teorie” possano trovare luce.

Finito l’incipit, non proprio breve, entro nel vivo della tavola.

Infinito deriva dalla parola latina finitus, cioè “limitato” con prefisso in negativo e, in matematica, è indicato dal simbolo ∝, un otto reclinato, significato aritmetico di Infinito fin dai tempi antichi. (Sebbene venga considerato un segno squisitamente matematico la sua origine risale addirittura alla preistoria, essendo stato rintracciato su pitture rupestri, graffiti, persino ossa intagliate. Il suo significato esoterico esprime l’idea di un esistere soggetto a un ciclo di rinascite e di reincarnazioni: i due cerchi rappresentano infatti la vita e la morte) (1).

Il simbolo dell’Infinito, in matematica, oltre alla forma di otto rovesciato (lemniscata derivante dal latino lemniscus, cioè nastro), può assomigliare ad un serpente che si morde la coda, ad un nastro, ad una linea che si può tracciare senza mai staccare la penna dal foglio, senza un principio né una fine (2).

Questa figura simbolica è stata ideata dall’inglese John Wallis nel XVII secolo, il più grande matematico britannico prima di Isaac Newton.

Il simbolo, pur essendo stato ideato nel 1655, fu però accettato ed utilizzato sistematicamente solo dal 1800 (3).

In questo otto reclinato, si può intravedere il nodo di Savoia o nodo a otto, nodo d’amore, fregio che orna il Tempio massonico e che simboleggia la fraterna unione dei Massoni sparsi nel mondo, senza distinzione di ceto, razza, religione.

Nondimeno il nodo a otto simbolicamente rappresenta il legame del creatore con il creato, la mediazione tra Dio e l’uomo e la natura e, quindi, il collegamento tra l’essere umano ed il Grande Architetto dell’Universo (4).

“L’idea di Infinito, nel senso di qualcosa che non ha principio né fine, che non ha limite e che si protrae senza limiti, è sempre esistita nella mente umana inoltre ha sempre interessato, affascinato ma anche spaventato l’uomo” (5).

Da sempre la mente umana ha cercato di misurarsi con l’Infinito e, pertanto, con l’incognito, l’incommensurabile ed indefinibile, che stimolano la ricerca e la scoperta della immaterialità e soprannaturalità.

Peraltro, una delle grandi aspirazioni e bramosie della scienza moderna è conoscere bene e a fondo l’Infinito.

Anche gli uomini primitivi, probabilmente, alzando lo sguardo al cielo, percepivano in qualche modo questa idea di immenso, di grandissimo, di Infinito (5).

In matematica si parla di Infinito prevalentemente negli insiemi.

Intuitivamente, un insieme non contiene un numero finito di componenti e consente un’infinità inesauribile di elementi sempre aggiungibili all’ultimo numero determinato.

Fissato un numero naturale è sempre possibile trovare un numero maggiore di esso (7).

Si parla di Infinito non solo in matematica ma anche nella fisica, nella metafisica, nella poesia (Giacomo Leopardi con la sua poesia “L’Infinito”; Giuseppe Ungaretti con la sua poesia “Mattina”, composta dalle splendide parole: “M’illumino d’immenso”), nella pittura (De Chirico con il quadro che intitola “Nostalgia dell’Infinito”), nella musica (Bach con le “Fughe”; Gustav Mahler con la sua Ottava Sinfonia, ove ben si coglie la comunione del musicista con L’Infinito).

In Fisica, con il concetto d’Infinito, si studiano le leggi che regolano quella parte del reale che più si avvicina al detto concetto.

L’Universo, dopo le rivoluzionarie scoperte di Copernico, è sempre stato associato all’idea di Infinito.

Nondimeno in Fisica l’Universo è ancora in espansione dalla esplosione avvenuta con il Big Bang. L’espansione per alcuni fisici continuerà all’infinito mentre per altri la materia esistente collasserà di nuovo in un unico punto, dando così origine al tanto temuto “Big Crunch” (6).

In filosofia, l’Infinito è la qualità di ciò che non ha limite o che non può avere una conclusione perché – appunto – Infinito, senza-fine.

L’Infinito nel Cristianesimo coincide con Dio, con il concetto di Infinito che si carica di connotazioni e caratteristiche filosofico-trascendenti, attraverso una ricerca di conciliazione ed intesa tra finito e Infinito, tra uomo e Dio.

L’Infinito, in Cina, nella teoria di Xuan-ye datata nel 220 a.C., era descritto ed individuato come cielo senza forma e senza limiti, rappresentando così l’Infinito astronomico.

Anassimandro (Mileto, 610 a.C. circa – 546 a.C. circa, filosofo greco antico presocratico e primo cartografo) definiva e indicava l’”Infinito come immortale … e indistruttibile. Principio degli esseri è l’Infinito … da dove infatti gli esseri hanno origine, lì hanno anche la distruzione secondo necessità: poiché essi pagano l’uno all’altro la pena e l’espiazione dell’ingiustizia secondo l’ordine del tempo”.

Anche Aristotele nel IV secolo a.C. (Stagira, 384 a.C. o 383 a.C.Calcide, 322 a.C., filosofo e scienziato greco antico, noto come il “filosofo dell’immanenza”, ove immanenza è concetto filosofico metafisico antitetico a quello di trascendenza) affronta il problema dell’Infinito nel suo terzo libro della Fisica, dove rileva che: “la scienza della natura studia le grandezze, il movimento e il tempo, ciascuno dei quali necessariamente è Infinito o finito […]” e quindi “converrà a chi si occupa della natura meditare sull’Infinito, se esso è o non è; e se è, che cosa mai esso è”.

Aristotele conclude che il pensiero e la natura si muovono in maniera differente tanto che la dimensione dell’Infinito, propria del pensiero, del tempo e del movimento, non appartiene agli oggetti sensibili e/o alle grandezze.

Mentre Aristotele definisce l’Infinito come l’assenza del limite, l’imperfetto, l’incompiuto, tanto che al di là dell’Infinito c’è sempre qualcosa, Platone considera l’Infinito ciò che non si lascia penetrare dall’idea (8).

“L’eccesso, il difetto, l’Infinito, non hanno luogo nella cosa, ma nel pensiero.”

Aristotele, e così Kant più di due millenni dopo, considerano il problema dell’Infinito nella realtà materiale, ossia l’esistenza o meno di un universo materiale di dimensioni infinite, di una realtà spazio-temporale illimitata.

Giordano Bruno Filippo (Nola, 1548Roma, 17 febbraio 1600) filosofo, scrittore, ex frate domenicano italiano nonché fondatore di una setta d’iniziati (c.d. Giordanisti, in Inghilterra ed in Germania, che si riunivano in circoli precursori delle logge Massoniche), elaborò la concezione dell’Infinito come Universo nell’universo eliocentrico copernicano, dando origine all’astronomia moderna.

Ecco alcune citazioni di G. Bruno sull’Infinito: “Non è cosa naturale né conveniente che l’Infinito sia compreso, né esso può donarsi finito: percioché non sarebbe Infinito.” “Uno dunque è il cielo, il spacio immenso, il seno, il continente universale, l’eterea regione per la quale il tutto discorre e si muove. Ivi innumerabili stelle, astri, globi, soli e terre sensibilmente si veggono, ed infiniti raggionevolmente si argumentano. L’universo immenso ed Infinito è il composto che resulta da tal spacio e tanti compresi corpi.”

Giordano Bruno è stato strenuo sostenitore della infinità dell’universo e, con il Deus Naturaque, ha raffigurato simbolicamente il G.A.D.U., un intelletto creatore ed ordinatore di tutto ciò che è in natura (9).

«La qual natura (come devi sapere) non è altro che dio nelle cose. … In tutto c’è vita.» (Giordano Bruno, Spaccio de la bestia trionfante, 1584).

In definitiva Giordano Bruno nella cosmologia ha intuito l’infinità dello spazio e l’unità nell’Infinito o nell’immenso, con l’universo che si confonde con il G.A.D.U., occupandosi della coincidenza tra Infinito divino e Infinito materiale (7).

Anche il filosofo tedesco Ludwig Andreas Feuerbach (Landshut, 28 luglio 1804Norimberga, 13 settembre 1872), uno tra i più influenti critici della religione ed esponente della sinistra hegeliana, ha considerato l’Infinito identificandolo con Dio e con la ragione umana nella sua purezza.

Per Feuerbach, l’Infinito non esprime altro che l’essenza dell’uomo … l’uomo avverte la propria insicurezza e cerca la salvezza in un essere personale, Infinito, immortale e beato, cioè in Dio.

Feuerbach asseriva che: “L’intelletto è l’essere Infinito e l’infinità si fonda sull’unità dell’esistenza e dell’essenza. Finito, perciò, è ciò che può essere confrontato con altri individui della stessa specie; Infinito è ciò che è simile solo a se stesso, non ha uguali … Tale è, appunto, l’intelletto … non ha nulla accanto e fuori di sé, che possa essergli sostituito; è incomparabile, perché è, esso stesso, la fonte di tutte le comparazioni; è incommensurabile, perché è la misura di tutte le misure, perché noi misuriamo tutto con l’intelletto; non può essere subordinato a nessun essere superiore, a nessun genere, perché è, esso stesso, il principio di tutte le subordinazioni, subordina a se stesso tutte le cose e tutti gli esseri”.

Per noi Massoni l’Infinito è il traguardo cui dobbiamo tendere.

L’espressione dell’Infinito si ritrova all’interno dei nostri Templi nella mancata costruzione delle volte che rappresentano un limite all’orizzonte visivo, con apertura sull’Infinito spirituale.

La percezione è quella di una immensità senza limiti, di uno spazio a perdita d’occhio, di un mondo incredibile, enorme e straordinario, di uno spazio cosmico che ci si schiude dinanzi, con tale profondità da far paura.

Il soffitto incompiuto del nostro Tempio simboleggia il fatto che i lavori del Tempio interiore per il Massone non finiscono mai, così come mai avrà fine il percorso della vita verso la Verità e verso l’Infinito Universo.

Sorge spontanea l’analogia con l’Infinito leopardiano, ove si ascende ad un mondo di luce e verità, per placare le inquietudini e raggiungere la pace (11).

Si ricorda che Giacomo Leopardi, pur mai Massone, fu introdotto alla Massoneria probabilmente dal suo amico fraterno Antonio Ranieri, cui il poeta era legato da comuni intenti politici e religiosi e dal comune denominatore romantico dell’infelicità esistenziale.

L’Infinito (scritto fra il 1819 e il 1821)

«Sempre caro mi fu quest’ermo colle,

e questa siepe, che da tanta parte

dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi, e profondissima quïete

io nel pensier mi fingo, ove per poco

il cor non si spaura. E come il vento

odo stormir tra queste piante, io quello

Infinito silenzio a questa voce

vo comparando: e mi sovvien l’eterno,

e le morte stagioni, e la presente

e viva, e il suon di lei. Così tra questa

immensità s’annega il pensier mio:

e il naufragar m’è dolce in questo mare»

(Giacomo Leopardi)

Il poeta, seduto davanti ad una siepe, immagina – oltre questa – spazi interminabili, che vanno anche oltre la linea dell’orizzonte che la siepe nasconde. Richiamato alla realtà da un rumore, da una sensazione uditiva, estende il suo fantasticare anche all’immensità del tempo. L’Infinito, dunque, nella sua poesia, ha una duplice valenza: spaziale e temporale.

Leopardi ha colto ed intuito l’Infinito spaziale, che viene visto nella negazione della realtà fisica a cui è sempre abituato: gli spazi sono interminati, i silenzi sono sovrumani, la quiete è profondissima (12).

Pertanto l’Infinito, nella visione leopardiana così come nella visione massonica, non è un Infinito reale ma il frutto dell’immaginazione dell’uomo ed una visione metafisica.

Va quindi trattato in senso trascendentale, platonico, con riflessione, meditazione e approfondimento dei concetti etici e morali universali.

NellInfinito, Leopardi si concentra decisamente sull’interiorità, sul proprio io, e lo rapporta ad una realtà spaziale e fisica, in modo da arrivare a ricercare proprio l’Infinito.

Dalla siepe del Leopardi, al vuoto del cosmo, il pensiero dell’uomo di cultura si è soffermato spesso e volentieri sulla distanza, sul tempo, sul sentimento, sui tanti e diversi modi di sentire ciò che ci circonda, sulla volontà di provare ad afferrare quanto di impalpabile lontano sfugge alla comprensione, quanto di impenetrabile c’è nella mente e di inestinguibile c’è nei sensi di ognuno” (6).

Il nostro Tempio, al tempo stesso simbolo ed edificio, è il luogo in cui si contempla l’universo.

Qui si ritrovano uniti i concetti di “limite” (le colonne) e di “Infinito” (la volta celeste riprodotta sul soffitto) (13).

La volta celeste simboleggia meglio di ogni altra metafora l’Infinito e proprio per questo è stata assunta a soffitto del Tempio.

Simbolicamente, la forma rettangolare del nostro tempio prefigura la terra ed i suoi limiti, in contrapposizione con il cielo stellato del soffitto scoperchiato, che raffigura l’infinità del cosmo, quale sistema ordinato e/o armonico, disegno perfetto della scuola pitagorica (cosmo, dal greco κόσμος , cioè “ordine”) (11).

La volta celeste del Tempio rappresenta un limite all’orizzonte visivo che consente un’apertura all’Infinito spirituale.

Quando gli uomini delle più remote epoche di civiltà volgevano lo sguardo all’infinito cielo, non vedevano solo le stelle fisiche ma anche le intelligenze che le governavano (15).

Pertanto la volta celeste simboleggia meglio di ogni altra metafora l’Infinito, quale luogo di ascesa dell’uomo Massone, volto alla ricerca dell’Infinito spirituale. (16)

La contemplazione dell’Infinito oltre la volta incompiuta e l’attenta ed ammirata osservazione del cielo stellato sono una delle manifestazioni più grandiose della natura, che suscitano il desiderio di conoscere più a fondo, con l’aiuto della scienza astronomica, l’universo in cui viviamo.

Al tempo stesso, l’immensità della quale siamo spettatori e la sfida che essa propone alla nostra stessa capacità di immaginare origine e confini, ci porta anche a riflettere su noi stessi, sulla nostra collocazione nel mondo, sul senso della nostra vita sulla Terra (17).

Questo protendere all’Infinito, oltre la volta, ci invita ad elevare il nostro pensiero sino a raggiungere le stelle più vicine, onde conquistare la verità e trovare la giusta via che ci permetta di illuminare i nostri lavori (18).

L’Infinito come non finito è l’espressione della nostra opera costruttiva di Massoni che non è mai finita.

Ciò ha ovviamente il preciso significato che l’opera costruttiva del nostro lavoro massonico non è mai finita.

Per il Massone, in definitiva, l’Infinito è il traguardo cui egli deve tendere.

Di fronte all’eterno mistero delle stelle, ogni immaginazione che rechi in sé le dimensioni dell’Infinito è appropriata.

L’Infinito è ed ha come meta il Grande Architetto dell’Universo ed è l’anello di congiunzione tra la realtà e l’irrealtà delle nostre vite (5).
L’Universo, che nel tempio è simboleggiato dalla Volta Celeste quale metafora dell’Infinito, è vera espressione dell’onnipotenza del G.A.D.U..
La Volta Celeste simbolicamente rappresenta la costruzione del Tempio non ancora finita e simboleggia i lavori del Tempio interiore che non finiscono mai.
D’altronde, la vita del Massone è paragonabile alla spirale – quale simbolo di vita, di energia, di movimento e di divenire – che si sviluppa all’Infinito e che unisce armoniosamente il cielo e la terra.

Ivan Nanni

Note e Bibliografia

1. Glossario simbologia massonica – goipavia.it – www.goipavia.it/simbologia.php
2. http://daily.wired.it/news/scienza/2012/11/08/simbolo-Infinito-matematica-123456.html
3. Che origine ha il simbolo matematico di Infinito? – Focus it – 28 giu 2002 http://www.focus.it/curiosita/storia/Che_origine_ha_il_simbolo_matematico_di_Infinito_C39.aspx
4. Il compagno Libero Muratore” -Il secondo grado Iniziatico della Massoneria, di Luigi Troisi – Ed.BastogiIL – TEMPIO MASSONICO – http://www.duepassinelmistero.com/Il%20Tempio.htm
5. Esiste l’Infinito in atto? di Stefano Vendrame – http://www.freewebs.com/moebiusring/Infinito2.html
6. L’Infinito in fisica – di Alfano Aiello – http://www.ingdeiuliis.it/Fisica.htm
7. Alcune idee sull’Infinito – Cos’è l’Infinito? Scritto da Starcrow – http://scuola.atuttonet.it/filosofia/alcune-idee-sullInfinito.php#ixzz2NH40PrMG
8. Giordano Bruno – Wikipedia, l’enciclopedia libera http://it.wikipedia.org/wiki/Giordano_Bruno
9. L’evoluzione del concetto di Infinito di Stefano Vendrame http://www.freewebs.com/moebiusring/Infinito3.html
10. Nel IIII centenario della nascita di Giacomo Leopardi di W. G. – http://www.massoneriascozzese.it/storie_e_personaggi/nel_centen_di_leopardi.pdf
11. L’Infinito in Leopardi – Tesina Esame di Stato – Stefano Gambaro – Esame di Maturità 2002 http://www.atuttascuola.it/tesine/Infinito/Infinito12.htm
12. La Massoneria – Il vincolo fraterno che gioca con la storia di Angela Cerinotti – 2005 – http://www.haboba.org/La%20Massoneria.pdf
13. Cosmo, da Wikipedia, l’enciclopedia libera – http://it.wikipedia.org/wiki/Cosmo
14. Allocuzione del Gran Maestro della Serenissima Gran Loggia della Repubblica di San Marino Fr_ Italo Casali Diritti Umani e Centralità dell’uomo – http://www.sglrsm.sm/doc/ALLOCUZIONE_GM_2009.pdf
15. Sfera celeste, da Wikipedia, l’enciclopedia libera. http://it.wikipedia.org/wiki/Sfera_celeste
16. Gran Loggia Svizzera Alpina -Tra il cielo e la terra c’è l’uomo – La Volta Celeste – http://www.freimaurerei.ch/i/alpina/artikel/artikel-2003-12-01.php
17. Filosofia e astronomia nell’antichità Come è fatto e come funziona il cielo? di Giorgio Luppi – http://www.presentepassato.it/Documenti/Cosmo_medioevale/luppi_astri.htm
18. Le conoscenze iniziatiche degli antichi uomini – http://www.edicolaweb.net/nonsoloufo/co_pa213.htm

Imola, 21 giugno 2013