I Maestri Comacini: precursori italici della Massoneria speculativa

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La fondazione della massoneria ha una data “ufficiale”: il 24 giugno 1717 in un locale di Londra quattro logge si associarono tra loro. Ciò stesso dimostra la preesistenza di “logge massoniche” che si fanno risalire alla trasformazione avvenuta nella corporazione dei muratori, cosiddetti “operativi”, successivamente alla loro scelta di incorporare i cosiddetti “liberi e accettati muratori speculativi”.

Ma, la storia “reale” della massoneria è legata a diversi apporti, a percorsi diversificati, anche a qualche leggenda e, persino, qualche racconto mitologico.

Di certo, nella storia “documentata” della massoneria, troviamo i “Magistri Comacini”. Per quanto attiene al versante “leggendario”, troviamo chi volle interpretare la genesi della massoneria con la costruzione dell’Arca di Noè, con l’edificazione del Tempio di Salomone, con i costruttori delle piramidi, o altro…

Gli artefici di Hiram, re di Fenicia, mescolati con quelli di Salomone, re della Giudea, avrebbero, mentre attendevano a innalzare il grande Tempio del culto ebraico, costituita la prima associazione massonica, che si sarebbe estesa nell’Asia minore, diffusa nella Grecia, e sarebbe passata a Roma con le moltitudini di asiatici e di ebrei caduti in schiavitù e condannati a lavorare nelle immense costruzioni del Colosseo, del Pantheon, del palazzo di Nerone e delle terme di Tito e di Caracalla.

Tuttavia non c’è traccia di associazioni massoniche negli scritti dell’epoca, in quelli di Filone, né in Giuseppe Flavio e neanche nella storia dell’antica Roma, all’infuori dei “Collegia fabrorum” e del sodalizio degli “Ediles”; è possibile che queste siano stati il luogo di nascita delle maestranze e corporazioni del Medio Evo, trasformandosi e cristianizzandosi, contribuendo alla formazione della massoneria apparsa in età molto posteriore…ma nulla è certo.

Taluni inglesi fanno nascere la massoneria nella britannia all’epoca di San Albano e del Re Athelsam verso il 900, ed anche un secolo prima, per opera del filosofo Alcuino, amico di Carlo Magno. Alcuni scozzesi la fanno nascere nella Caledonia con la fondazione di Kilwing, attorno al 1140. Parecchi tedeschi vorrebbero la massoneria costituita durante l’edificazione della cattedrale di Magdeburgo verso il 1211. Ma tutto questo, secondo eminenti studiosi, non corrisponderebbe a realtà dimostrabile con una documentazione storica.

Persiste tuttavia in Germania la voce, per quanto non avvalorata da documenti, che un’associazione di scalpellini slavi sia esistita fin dalla costruzione della cattedrale di Spira e che lo “scolastico” Alberto Magno, nato in Svezia nel 1205, allievo dell’Università di Padova, letterato, teologo, fisico, matematico e “mago”, abbia fatto disegni di chiese, quali il duomo di Colonia, e che per tradurre in atto i suoi pensieri, abbia formato una grande associazione di artefici, che legò tra loro con speciali statuti e ai quali fece ottenere singolari privilegi.

Il numero prevalente degli operai che la componevano erano i muratori, quindi l’associazione avrebbe preso il nome di “Frammassoneria”, ovvero di “liberi Muratori”. Persiste anche la voce che durante la costruzione delle cattedrali di Colonia e Strasburgo i Frammassoni ottennero molta rinomanza e privilegi, e poiché i loro membri dovevano spesso mutar sede pensarono di unirsi in una grande associazione per la mutua difesa e il mutuo soccorso. Di qui il pensiero di riunire le squadre diffuse e disperse in vari territori, in una sola grande associazione, e di sottoporre le singole squadre a un capo nel loro luogo di dimora, e tutti i singoli capi a un capo supremo residente nella sede centrale; ma anche questo non è stato confermato da documenti.

Di certo si sa che i Maestri Comacini sono stati i primi a riunirsi in società, unioni o logge, e a essere riconosciuti e citati come riuniti in società, nei primi anni del 600, precisamente nel 643; nell’editto di Re Rotari si fa un chiaro cenno di una società di muratori, provenienti dal territorio di Como, esercenti l’arte del costruire, e nel 713 nell’editto di Re Liutprando nella cui appendice vi è il famoso Memoratorio, ove si parla delle spese, delle tariffe, persino dello stile Romano e Gallico di queste società di Maestri Comacini.

Chi erano dunque i “Maestri Comacini”? La loro storia, anche se già citati da Plinio nel primo secolo dopo Cristo ai tempi di Traiano, ha inizio in quei tempi nel quale andavano scomparendo gli artisti romani insieme alle leggi con l’impero e con lo stesso popolo di Roma; si ferma a mostrare gli avanzi di monumenti che ancora esistono, e nelle tradizioni storiche, le opere di quei Maestri primitivi, i quali, spento ogni barlume di civiltà, di scienza e di arte, raccolgono e tramandano, in età in felicissime, i precetti e le pratiche, specialmente nell’arte del costruire dei Romani, e indica questi uomini singolari, che rimangono vivi e quasi soli lavorano e creano in mezzo alle devastazioni barbariche. Più avanti, ai primi albori del Rinascimento politico e artistico in Italia, s’imporrà la potenza delle loro menti nell’ideare, la forza della riflessione nel calcolare, la tenacia della volontà nell’eseguire, e ci fa tener dietro qua e là in Italia e fuori, a questi uomini, molto spesso sconosciuti, ma degni di onore e non di rado eccelsi nell’arte, ora chiusi nelle loro unioni o consorterie o fratellanze, ora mescolati, sebbene il più delle volte distinti, con artisti o artefici italiani o stranieri, con abitudini e tendenze loro proprie.

Erano uomini che rappresentavano una scuola, un sistema, un’associazione ben organizzata, e durata nel corso di molti secoli, che costantemente, dalla caduta della dominazione longobarda, riuscirono a trovare nuove forme e a comporre un nuovo metodo di architettura che salì nel credito generale e si diffuse in tutta Europa, ed è in quell’epoca, a quel movimento di pensieri, di studi e di persone, che parecchi studiosi fanno risalire l’istituzione delle unioni (chiuse) o logge massoniche.

E’ a quell’epoca che le Unioni o Chiuse dei Comacini, le quali sotto i Longobardi erano circoscritte, sebbene pubbliche, incominciassero a stringersi in società più compatte, a formare i loro statuti segreti, ad avere riti propri e linguaggio occulto, e a puntare a un proselitismo internazionale.

Luogo di origine e culla dei Maestri Comacini e delle loro associazioni di Liberi Muratori fu la Lombardia, dove troviamo per la prima volta, in un atto notarile del 918, scritta la parola “Massonica” e cioè: Petelpertus de Graveduna vende a Alloni una “casa Maconica”.

Dalla Lombardia si espansero in Inghilterra, dove in un documento del 1212, troviamo le parole “SCULPTORS LAPIDUM LIBERORUM” poste accanto a quella di CAEMENTARI, che è la più antica e usata nel senso di muratore; ancora in Inghilterra, in un altro documento del 1396, troviamo la frase “LATOMOS VOCATOS FREMACEONES” (Scultori chiamati Frammassoni) e nei ruoli delle fabbriche Exeter, di Kent e di Devonshire, la parola “FREIMUR”; e addirittura in chiara lingua italiana “Liberi Muratori”, in Scozia, a San Pietroburgo e a Costantinopoli, furono il nucleo originario delle “Logge Frammassoniche”, composte sul principio da soli Maestri Architetti, Costruttori e loro “colleganti”.

In Italia i Maestri Comacini si espansero a Trento, a Cremona (dove nel XIII secolo il francese Ivo di Narbona fu accolto “in luogo sempre segregato, con scambi di segni degli uni agli altri), a Parma, a Modena, a Lucca, a Pavia, a Orvieto”.
Una cosa appare certa, ed è per noi importante, di ritrovare in Orvieto, fin dal principio della fabbrica del Duomo, parecchi Maestri Comacini radunati in una Loggia entro la quale c’erano la “SCHOLA” e il “LABORERIUM”; in un documento del 30 agosto 1293 trovasi scritto: “Nella Loggia della fabbrica Maestro Orlando da Como, Maestro Guido da Como: sei soldi al giorno. Maestro Martino da Como, Maestro Gino da Siena: quattro soldi, ecc. ecc…”.

E’ da notare che nell’elenco dei Maestri sono sempre segnati per primi quelli di Como e che, in questa lista avanti a tutti c’è Orlando da Como, il quale è presumibilmente il capo della Loggia, detta anche Loya o Loja, la quale doveva essere un locale con molta aria e luce, ampio e difeso dalle intemperie, “entro il quale – com’è riportato in un documento – facevasi l’acconciatura delle pietre e la SCHOLA e il LABORERIUM”.

Oltre al LABORERIUM di Orvieto, vi erano quelli di Trento, Cremona, Parma e Modena, nelle quali città è stata trovata questa parola, ma è soltanto a Orvieto che prende il nome di “Loggia”, che richiama alla massoneria; il termine “SCHOLA” (anch’esso riportato) fa venire alla mente i libri di Vitruvio e tutti gli altri libri e insegnamenti che erano spiegati e appresi, tradizionalmente e segretamente, nelle riunioni (o unioni) di quelle maestranze. Le “colleganze” romane (da “Collegia”) e le Eterie greche si erano travasate nei Maestri Comacini sotto la dominazione dei Longobardi, mantenute sotto i Carolingi e nel formarsi dei primi liberi Comuni in Italia; e, non è un caso che i Liberi Muratori Comacini fondano la loro Loggia e la loro “Scuola” a Orvieto, metà repubblicana e metà papale.

Se, come abbiamo detto in precedenza, è in un atto notarile del 918 che appare per la prima volta la parola “Massonica”, è invece nell’Arca di Sant’Agostino di Pavia, opera di Bonino da Campione, eseguita verso il 1370, che si riscontrano i primi simboli massonici scolpiti: un uomo curvo in atto di studiare una colonna con base e capitello; un altro esamina con la squadra una colonna inclinata con accanto ai piedi un cesto contenente i ferri del lavoro; un terzo misura con un compasso un capitello e che tiene con la mano sinistra un papiro sul quale è scritto “QUATOR CORONATORUM” (cioè i “Quattro Santi Coronati”: Claudio, Nicostrato, Sinforoniano e Simplicio che furono martirizzati perché non vollero prestare la loro opera per scolpire l’effigie degli “Dei falsi e bugiardi”); il quarto, infine, che sta per mettersi a lavorare armato di martello e scalpello.

A nessuno scultore poteva venire in mente o essere concesso di comporre o mettere in pubblico quelle figure, quegli emblemi, quella leggenda, tranne che per i Maestri Comacini, i quali ebbero un loro altare e i loro sepolcri nella chiesa dei “Quattro Santi Coronati” sull’Aventino a Roma.

E’, quindi, evidente che furono i “Maestri Comacini” i “costruttori” della stessa Massoneria della quale noi siamo i continuatori, ma – mentre loro accoglievano e iniziavano soltanto uomini che appartenevano (o che, comunque, erano “professionalmente” vicini) alla loro arte e praticavano la mutua difesa e il mutuo soccorso soltanto nei confronti delle persone che facevano parte della loro unione – la “moderna” Massoneria, fin dal suo esordio all’inizio del 1700, accoglie e inizia (come suoi “Apprendisti”) le “maestranze” (nel senso di uomini che in qualche misura, per loro doti personali, possono essere già considerati “Maestri di vita”) appartenenti ad altre “Arti” (e/o mestieri): accoglie letterati, scienziati, amanti della filosofia, uomini di legge; tutti, comunque, devono avere il requisito di essere considerati “Liberi e di Buoni Costumi” e, quindi, già “buone pietre” da lavorare.

Attualmente, la Massoneria non ha soltanto un legame semantico con quella dei “Maestri Comacini”, perché gli stessi strumenti muratori (se intensamente “vissuti” nel loro significato simbolico) indicano il percorso iniziatico che ogni singolo massone si è impegnato a seguire “incessantemente” nella propria vita. Lo scopo originario e principale delle “Logge Comacine” era quello della continuazione e del perfezionamento delle tecniche della costruzione e dell’esercizio delle arti; la moderna Massoneria, anche a causa dei cambiamenti della società civile, è tesa a costruire spiritualmente, edificando dentro ogni uomo un “tempio interiore”, affinché ogni uomo di qualsiasi condizione sociale, che senta di avere un cuore e un’anima, possa dare (spiritualmente e materialmente) il suo contributo alla realizzazione della “Grande Opera”: un grande “stato cosmico” in cui ogni uomo vivrà libero e indipendente, in armonia con gli altri e con loro in una fraterna collaborazione con libero scambio di prodotti e di “libero pensiero”.

G.N.