LE CATTEDRALI ESOTERICHE

C’è un lungo filo rosso nella storia dell’umanità.

Un filo la cui origine si perde nella notte dei tempi ma che, almeno per fissare le idee, potremmo fare iniziare, all’incirca, con lo sviluppo delle prime civiltà nella Mezzaluna Fertile: Egitto, Mesopotamia, Fenicia.

Da lì il filo prosegue e passa per l’Antica Grecia, per la Magna Grecia, per Roma e per le Gallie.

Continua con gli Gnostici e, negli anni del crollo dell’Impero d’Occidente, va avanti per opera di pensatori del calibro di Severino Boezio e dei filosofi di Bisanzio.

Lo raccolgono i Sufisti arabi, ma qualcosa resta incastonato anche dalle parti del lago di Como.

Riappare in Palestina, se ne impossessano i Templari e lo riportano in Francia. E, poco dopo, è un fiorire di meravigliose cattedrali, chiese e abbazie in quantità tale che, si dice, in soli tre secoli viene estratta più pietra in Francia che in tutto l’Antico Egitto ai tempi dei faraoni.

E intanto, a questo filo, se ne intrecciano altri.

Quello della Cabala, dell’Alchimia, dell’Ermetismo.

Il filo va a finire in Scozia e scende nell’Inghilterra del XVIII secolo anche se, in realtà, c’era da molto tempo prima.

Da allora è quasi ubiquitario, ma bisogna saperlo dipanare con discernimento.

Ovviamente non è un filo materiale.

E neppure una dottrina particolare, anche se si avvale di conoscenze definite “esoteriche”.

Il filo rosso è qualcosa che passa per il cuore d’ogni essere umano, è la ricerca incessante della conoscenza, della verità, della perfezione non mediante pietistici rituali essoterici, ma tramite una profonda investigazione sull’essenza dell’Universo e dell’animo umano.

In una parola, è la ricerca di Dio.

Così, agli albori del secondo millennio, popoli che parlano lingue diverse si sbudellano, dalle parti di Gerusalemme, per la gloria del “vero” dio. Li muove una fede cieca, impetuosa, persino sincera ma, allo stesso tempo, rozza ed impregnata di dogmi e pregiudizi d’ogni tipo. Nei modi assomigliano agli energumeni dell’ISIS: più teste tagli, più ti si spalancano le porte del paradiso.

Una fede ben lontana dalla sensibilità del contemporaneo Federico II di Svevia il quale, avendo abolito la tortura nelle Costituzioni di Melfi, non si fa scrupolo di inviare ai sapienti dell’Islam quesiti di natura spirituale e che, a proposito del recente dogma della transustanziazione dice, indicando un campo di grano: “Quanti dei sorgeranno da questo campo durante la nostra vita?” [1]. E, come risposta a chi lo accusa di empietà, risponde facendo erigere uno splendido castello che nulla ha di militare, ma che è un’apoteosi dell’otto, numero cubico pitagoricamente perfetto.

Nel frattempo, nell’Europa del nord, altri costruttori si dedicano alla loro missione spirituale: costruire cattedrali. Lapidano la pietra grezza con martello e scalpello, la controllano con lo squadro, verificano, con il filo a piombo, se le pareti sono in verticale e, per sapere se i pavimenti sono in piano, utilizzando una livella. Alcuni maestri, più esperti, sorvegliano il tutto accertandosi che i lavori procedano rispettando il piano che loro stessi hanno tracciato servendosi di riga e compasso.

Questi sono i loro strumenti materiali, semplici ed efficaci come quelli usati dai costruttori delle piramidi d’Egitto, dei quali, pare, conoscono molti segreti.

Nondimeno la grande maggioranza di questi costruttori è analfabeta, mantengono uno stile di vita semplice e comunitario, prendono insieme i loro pasti e si riposano in baracche di legno che chiamano logge. La gerarchia interna è solida, obbediscono a principi di cooperazione ed assistenza reciproca, e osservano l’obbligo di non rivelare a nessuno i segreti della loro Arte.

Ma, visto che l’architetto Imhotep è morto da più di 4.000 anni, chi li ha resi partecipi di tali segreti?

In effetti, i Templari, che hanno avuto modo di investigare sia i sotterranei di quello che un tempo era stato il Tempio di Salomone, sia la simmetria ottagonale della Cupola della Roccia, sono tornati in patria carichi di tesori e di sapienza. Intendiamoci, non è che gli architetti europei siano del tutto a digiuno di architettura sacra; tuttavia, come dice Umberto Eco, “I Templari c’entrano sempre”. E forse ha ragione [2]. Intanto le cattedrali vengono su come funghi.

Tanto per cominciare, dove esattamente?

Anzitutto nei luoghi considerati sacri dai Celti.

In realtà, qualche zelante missionario aveva già da tempo, sui loro megaliti di epoca neolitica, piantato o scolpito delle croci, segno della fede in Cristo.

Fatica sprecata, dato che la croce era già presente nella simbologia celtica…

Ad ogni modo si scelgono luoghi in cui è presente una sorgente o un corso d’acqua sotterraneo, di preferenza fonti in qualche modo consacrate alla Vergine Maria alla quale viene attribuito il loro potere taumaturgico, conosciuto già da millenni. Recentemente, scienziati britannici hanno confermato che queste sorgenti o fiumi sotterranei generano campi elettromagnetici caratterizzati da proprietà inaspettate, ancora non del tutto chiarite [3].

Un’ulteriore conferma della sopravvivenza della tradizione celtica, di cui si trova traccia in varie cattedrali gotiche, è il culto delle Vergini nere. Gli studiosi le ricollegano alla Madre-Vergine-Sposa Karidwen, venerata dai Celti sia come Dea Bianca (la Luna Nuova), sia come Dea Nera (la Luna Vecchia) dea della morte e della divinazione, sopravvissuta al Cristianesimo. È evidente che le Vergini Nere incarnano significati affini a quelli di Iside (e Karidwen è il suo corrispondente celtico), infatti, la loro originaria collocazione in camere sotterranee le collega alla dea Madre Terra. Addirittura in alcuni graffiti dedicati a queste figure si può leggere “Virgini pariturae”, oppure: “Isidi, seu Virgini ex qua Filius proditurus est”, per non parlare del fatto che una statua di Iside è stata rinvenuta nel corso di lavori nella cattedrale di Santo Stefano a Metz [4].

L’immagine sottostante mostra non la Madonna col Bambino, ma Iside che allatta Horus (fregio copto del III secolo) [5].

Iside allatta Horus (fregio copto del III secolo)
Iside allatta Horus (fregio copto del III secolo)

Il tutto con buona pace degli ingenui fedeli i quali, credendo di venerare la madre di Gesù, in realtà adorano una dea dell’Antico Egitto.

I costruttori, però, se ne rendono conto, ma sorridono bonariamente e tacciono.

Tacciono non per disprezzo nei confronti di persone umili, ignoranti e, pertanto, portate al fanatismo religioso, ma perché coscienti che il sapere esoterico non può essere dispensato alle masse e che le perle non possono essere offerte ai porci. Inoltre costoro sono cristiani, almeno formalmente, così come lo era il vescovo Sinesio, amico e allievo di Ipazia… Per il gregge bastano i ceri colorati, le statue dei santi, l’incenso, le campane, gli inni, i paramenti sacerdotali e i sacramenti: corredi che, circa mille anni prima, venivano usati dagli adepti del culto di Mitra.

Dopotutto, le cattedrali sono si dei luoghi di culto (quale?), ma servono anche come edifici civili per realizzare assemblee, rappresentazioni teatrali sacre e profane o addirittura mercati ed esposizioni di cavalli di razza. Ne consegue la liceità di usare simboli che poco hanno a che fare con l’ortodossia cristiana.

Tornando al discorso del “dove” sappiamo che i maestri costruttori hanno un concetto ciclico del tempo ed attribuiscono grande importanza alla successione degli equinozi e dei solstizi, eventi astronomici che segnano il ritmo quaternario dell’anno evidenziando il contrasto tra giorno e notte, luce e tenebre. Per tale motivo i costruttori concepiscono cattedrali legate ai solstizi e altre legate agli equinozi e le mettono in relazione con particolari costellazioni come quella di Orione, della Corona Boreale, della Vergine, ecc.

A tale proposito, alcuni eruditi hanno provato ad accostare la mappa delle principali cattedrali della Francia Settentrionale, consacrate alla Madonna, con quella della Costellazione della Vergine.

Personalmente mi sono preso la briga di tracciare i rispettivi diagrammi e li mostro qui sotto.

 costellazione-2

costellazione-1

A prima vista la somiglianza è impressionante, ma bisogna tenere presente che in realtà nella Costellazione della Vergine ci sono, a parte Spica, tre stelle con magnitudo apparente <3 e 97 stelle con Magnitudo <6. Quindi il nocciolo della questione è sapere quali stelle si scelgono. Al lettore l’ardua sentenza. Ad ogni modo “Le stelle e i pianeti stavano sospesi al sicuro sopra la testa degli ultimi pagani, statue lucenti degli dei, ben lontane dal vandalismo dei monaci. Durante tutto il Medioevo le stelle continuarono ad oscillare al di sopra dell’Europa cristiana, promemoria inquietante dell’immortalità degli dei” [5].

La pianta delle cattedrali ha sempre la forma di una croce latina che, simbolicamente, rappresenta l’essere umano. L’abside corrisponde alla testa, il transetto alle braccia, le navate al corpo e alle gambe mentre l’altare ne rappresenta il cuore. D’altra parte il transetto corrisponde agli equinozi e ai solstizi mentre l’asse verticale corrisponde ai poli in relazione all’equatore. L’abside punta verso Est, nella direzione del Sole che sorge; un portone guarda al freddo e oscuro Nord, ma il portale principale punta a Ovest. A sud un grande rosone di vetro colorato lascia entrare la luce solare in tutto il suo splendore.

Il rosone simboleggia il Sole che, nella mitologia celtica, scandiva i tempi ciclici nella vita degli esseri umani. Ma non si può tacere sul fatto che la rosa stilizzata era, nell’Antica Grecia, associata al culto di Afrodite, dea dell’amore. Tuttavia, passando attraverso il culto di Iside, la sensualità della rosa diventa più sottile, più spirituale e, come tale, suscettibile di essere inglobata nella tradizione cristiana ove rappresenta la Vergine Maria, la Rosa Mistica.

Nella figura il rosone del transetto nord della cattedrale di Amiens, ricostruito dopo la Seconda Guerra Mondiale, contenente il pentagono ed il pentalfa.

 

Il rosone del transetto nord della cattedrale di Amiens, ricostruito dopo la Seconda Guerra Mondiale
Il rosone del transetto nord della cattedrale di Amiens, ricostruito dopo la Seconda Guerra Mondiale

 

Non sempre gli architetti sono in perfetto accordo su quale forma di geometria sacra debba prevalere e le diatribe tra gli esperti portano ad un rallentamento dei lavori come nel caso del Duomo di Milano che, per la verità, appartiene allo stile tardo gotico [6].

Sebbene nelle cattedrali la cospicua verticalità dell’impianto architettonico enfatizzi l’impulso diretto dalla Terra al cielo, da un punto di vista esoterico il percorso si compie in direzione opposta, cioè dalla superficie della Terra verso il suo interno: “Visita interiore terrae…

È per questo che, nei sotterranei di molte cattedrali si scavano pozzi la cui profondità corrisponde esattamente all’altezza del pinnacolo più alto. In effetti i costruttori sono coscienti del fatto che qualunque intervento sulla struttura terrestre può alterare l’equilibrio cosmico, dato che la Terra è un organismo vivo che non può essere profanato impunemente. Quindi si cautelano e, al momento della posa della prima pietra, che rappresenta anche l’inizio del loro stesso percorso di edificazione spirituale, fanno supervisionare la cerimonia da un astronomo.

Diverse cattedrali vengono dedicate al culto di San Michele, quello del drago e, se da un punto di vista cristiano l’immagine dell’Arcangelo simbolizza la vittoria di Cristo sul peccato, dal punto di vista esoterico significa il trionfo finale della luce sull’energia tenebrosa e indifferenziata della Terra. In effetti, la cattedrale gotica è il punto nodale in cui convergono l’energia cosmica proveniente dalle stelle e quella tellurica generata nelle viscere del nostro pianeta: la funzione del tempio è quindi quella di condensare e distribuire l’energia vitale racchiusa nelle forze dell’universo.

Le sculture presenti in questi templi rappresentano sia animali reali che creature mitologiche e fantastiche. Nonostante la chiara origine pagana di sirene, centauri, cavalli alati, draghi, ecc., l’iconografia medievale ne accetta la presenza come prodotti intermedi del processo di Creazione.

Nel complesso le creature che appaiono più frequentemente sia nei dipinti che nelle sculture sono le quattro legate al tetramorfo, vale a dire il leone, l’aquila, il bue e l’angelo.

Il quattro ricorre nell’architettura sacra di civiltà distanti nello spazio e nel tempo, come i Maya, gli Egizi, gli Etruschi e i Celti. È anche innegabile una correlazione con la tetraktys pitagorica.

Nelle dottrine ermetiche le quattro creature testé citate erano associate ai quattro elementi: il Bove alla terra, l’Angelo all’acqua, il Leone al fuoco e l’Aquila all’aria.

D’altra parte il bue, ossia il toro privato della sua virilità, aveva un significato speciale nel culto di Iside. La presenza di tale materiale iconografico suggerisce una forte relazione tra la spiritualità essoterica e esoterica medievale con un culto ben più antico: quello di Mitra.

Il culto di Mitra, praticato specialmente dai militari, era particolarmente diffuso lungo i confini dell’Impero, e le frontiere germaniche hanno reso molte testimonianze archeologiche di questa diffusione. Nel culto giocano un ruolo rilevante, oltre allo stesso Mitra, il Toro, il Sole, la Luna e quattro animali: il serpente, lo scorpione, il cane e il corvo [7]. Le cerimonie si svolgono nei mitrei, luoghi sotterranei, sprovvisti di finestre, di forma rettangolare, preceduti da un vestibolo ed orientati secondo l’asse Est-Ovest. Lungo le pareti laterali una fila di panchine, mentre una fila di colonne suddivide la sala; inoltre sul soffitto è dipinto il cielo stellato con la riproduzione dello zodiaco e dei pianeti. Questa struttura ci ricorda qualcosa?

Di mitrei ne sono stati rinvenuti venti sul limes germanicus, nove in Gallia e uno in Belgio.

Il mitraismo scompare ufficialmente nel 377 d.C., allorché il bigotto e feroce imperatore cristiano Teodosio, con un “editto di intolleranza”, proibisce tutte le religioni diverse dal cristianesimo; tuttavia, piccoli gruppi di adepti continuano segretamente la pratica del culto almeno sino al V secolo, quello che accade dopo non è documentato.

In ogni caso, dopo il crollo del 476 d.C. resiste, nella Francia settentrionale, un’ultima roccaforte romana denominata Regno di Soissons. Non è azzardato immaginare che questo territorio sia servito da rifugio temporaneo anche per i depositari delle varie forme di sapere iniziatico che vivevano nella Gallia ormai invasa dai Visigoti.

Molte cattedrali contengono riferimenti espliciti alla simbologia alchemica. Per esempio, nella facciata di Notre Dame a Parigi compare: un atanor, una donna che addita un corvo (lo stato iniziale dell’Opera), un cavaliere che indica un leone (elemento fisso dello zolfo) e un altro che soffoca un drago (elemento mobile del mercurio).

Nel simbolismo alchemico la Vergine Nera rappresenta la Terra fecondata dai raggi del Sole, vale a dire la materia bruta nel suo stato primordiale. Il nero rappresenta la fase di fermentazione, di putrefazione ed occultamento. Al contrario, al bianco corrisponde l’illuminazione e l’elevazione spirituale. In tal modo, mentre le statue della Madonna sono semplici oggetti di devozione popolare, per gli iniziati rappresentano il principio cosmico di creazione e rigenerazione della vita.

Ma da dove vengono tutti questi simboli alchemici?

La risposta si suggerisce da sé. Infatti la parola stessa: “al-kīmiyya”, significa, in arabo, “la chimica”. L’incontro tra la tradizione alchemica araba e la cultura europea avviene per la prima volta in Spagna (allora dominata dai musulmani) probabilmente per mezzo di Gilberto di Aurillac (poi papa Silvestro II) poco dopo l’anno mille. Non è assodato che i costruttori delle cattedrali pratichino l’alchimia, ma sicuramente, visto le numerose rappresentazioni, devono conoscerne l’aspetto simbolico, il profondo significato esoterico.

Quasi a voler suggellare ulteriormente il percorso iniziatico sottolineato da innumerevoli altri elementi, i costruttori ricorrono anche al simbolo del labirinto che mostra l’unicità del cammino, ossia la necessità di affrontare un percorso di morte e resurrezione per raggiungere l’immortalità e la realtà assoluta.

Il disegno mostra lo schema del labirinto della cattedrale di Chartres; il suo diametro è uguale a quello del rosone occidentale e la distanza tra il centro del rosone ed il pavimento è identica a quella tra il centro del labirinto ed il portone occidentale.

Schema del labirinto della cattedrale di Chartres
Schema del labirinto della cattedrale di Chartres

Come nel caso delle grandi civiltà del Mondo Antico, gli architetti delle cattedrali gotiche fanno ampio uso della proporzione aurea, utilizzata dai pitagorici per la divisione in 10 parti esatte della circonferenza. In generale, i numeri che più appaiono in quelle costruzioni sono il 20, il 21 e il 22.

Sono tutti numeri figurati che, usando la notazione proposta da Arturo Reghini [8] si possono rappresentare nel modo seguente:

20 = F(3,4) = Do(2) ovvero, il 20, oltre ad essere il quarto numero triangolare, è anche il secondo numero dodecaedrico e, come tale, legato al dodecaedro, simbolo dell’Universo per eccellenza. Notiamo che 20 = 4 + 16 = P(4,2) + P(4,4), ossia la somma di due numeri quadrati, quindi perfetti.

21 = P(3,6) = P(8,3), rispettivamente il sesto numero triangolare e terzo numero ottagonale. È pari alla somma dei primi sei numeri della tetraktys pitagorica (1, 2, 3, 4, 5, 6). Ventuno è l’ottavo numero della serie di Fibonacci. L’ottagono lo ritroviamo in tutte le cattedrali, nella pianta dei battisteri e nel castello federiciano di Castel del Monte, in Puglia. Ovviamente, derivando dal prodotto 3 x 7 è considerato il numero della perfezione assoluta.

22 = P(5,4) = F(6,3), quarto pentagonale e terzo piramidale a base esagonale è anche il numero di poligoni regolari che possono essere inscritti in un cerchio euclideo (lati 3, 4, 5, 6, 8, 9, 10, 12, 15, 18, 20, 24, 30, 36, 40, 45, 60, 72, 90, 120, 180, 360). Sorprendentemente, non solo è un numero palindromo, ma lo è pure il suo quadrato (484). Nella cattedrale di Amiens, 22 è relazionato con il numero dei gradi che fissano, in longitudine, l’orientamento rispetto al Sole. Ventidue sono le lettere dell’alfabeto akkadico, fenicio, egizio, ebraico, arabo e aramaico. Per Valentino, lo Gnostico, la generazione comprende 22 Eoni.

Nella cattedrale di Chartres il numero dominante è 72. Si tratta del valore degli angoli alla base di un triangolo isoscele avente come base uno dei lati del pentagono (triangolo aureo), fatto che suggerisce come i costruttori conoscessero sia la forma del pentalfa pitagorico che il fenomeno della precessione degli equinozi (l’asse terrestre si sposta di 1° ogni 72 anni). Inoltre, 72 = 9 x 8 = P (4,3) x P(8,2) cioè il terzo numero quadrato moltiplicato per il secondo numero ottagonale. Settantadue era anche il numero dei congiurati contro Osiride.

Si noti come ciascuno dei numeri menzionati (20, 21, 22 e 72) si relazioni con due numeri pitagorici che si complementano, quasi a volere garantire la solidità del loro carattere simbolico (analogamente alle due colonne Jachin e Boaz). Ma, ancora più importante, è il fatto che, secondo Platone, la Mente Creatrice, il Demiurgo fattore di tutte le cose, è generato dalla sovrapposizione di due cerchi di raggio unitario simbolizzanti la Diade la cui area comune ha la forma di una vescica di pesce (o mandorla).

PlatoneMente-CreatriceDemiurgo-sovrapposizioneDueCerchi-FormaVescicaPesce
Secondo Platone, la Mente Creatrice, il Demiurgo fattore di tutte le cose, è generato dalla sovrapposizione di due cerchi di raggio unitario simbolizzanti la Diade la cui area comune ha la forma di una vescica di pesce (o mandorla)

 

Tracciando il tratto orizzontale mediano (in blu) e unendo i suoi estremi con i due vertici in rosso, si vengono a formare al suo interno due triangoli equilateri di lato uno uguali e contrapposti. In pratica, essi simbolicamente rappresentano il “Doppio Ternario”, attivo e passivo, maschile e femminile che, portati l’uno sull’altro, formano un altro ben noto simbolo della tradizione: l’Esagramma, o Stella di Davide. Contemporaneamente si ottengono quattro triangoli rettangoli e un rombo (segmenti neri), un ulteriore simbolo della Madre Terra.

La mandorla è la figura che, nell’iconografia medievale, spesso circonda il Cristo o la Vergine Maria, ma anche presso i Celti simboleggiava la Dea Madre a causa della sua somiglianza con un ventre femminile gravido ed era nota in India, in Mesopotamia e in Africa.

Si osservi, qui sotto, una bella miniatura del Cristo circondato da una mandorla e inquadrato dal tetramorfo.

"Cristo" circondato da una mandorla e inquadrato dal tetramorfo
“Cristo” circondato da una mandorla e inquadrato dal tetramorfo

È lecito chiedersi per quali vie questi grandi costruttori, che migrano da una città all’altra, pervengono alla conoscenza della geometria ed aritmetica pitagorica e, in particolare, del significato esoterico legato a queste due scienze.

Una risposta plausibile è che tali nozioni, oltre ad essere il retaggio di un sapere antichissimo, gli sono state “rinfrescate” più recentemente anche da iniziati italiani eredi del pensiero neopitagorico e neoplatonico, oltre che eccelsi muratori.

I Maestri Comacini, depositari non solo di conoscenze tecniche, ma anche simboliche, dopo l’anno mille si espandono in Europa e si sa per certo che nel 1212 sono già in Inghilterra [9]. Ovviamente, per arrivare in Inghilterra, bisogna necessariamente passare per la Francia e non è da escludere che qui, alcuni di loro, si aggreghino ai muratori locali condividendo coi nuovi fratelli francesi i segreti della loro Arte.

Mentre uomini ambiziosi e violenti continuano a versare sangue in Europa e in Palestina, in un vano tentativo di sopraffarsi reciprocamente nel nome di fedi dogmatiche e intransigenti, uomini di pace erigono monumenti che, con le fondamenta in Terra ed i pinnacoli proiettato verso il Cielo, rappresentano il simbolo concreto dell’unità della creazione realizzata dal Grande Architetto dell’Universo.

La cattedrale gotica (formalmente cristiana, ma sostanzialmente pagana), con le sue sculture, le sue geometrie segrete, i suoi numeri pitagorici e le luci colorate dei suoi rosoni contiene veramente, celato in una foresta di simboli, il codice necessario per decifrare il duplice messaggio che la caratterizza: da una parte, un messaggio semplice e diretto, fruibile da tutti gli uomini di buona volontà, dall’altro una chiave di lettura esoterica riservata a pochi iniziati.

Terminata l’epopea delle grandi cattedrali gotiche, il filo rosso non si spezza, anzi si rafforza e continua il suo cammino verso altre terre, verso altre menti affamate di luce, verso altri cuori assetati di Assoluto.

Bibliografia

[1] G. Masson “Federico II di Svevia” Rusconi Libri, Milano (1993)

[2] U. Eco “Il Pendolo di Focault”. Bompiani, Milano (1988).

[3] L. Watson. “The Nature of Things: The Secret Life of Inanimate Objects”. Destiny Books, Rochester (1992).

[4] A. Cerinotti “I Celti”. Demetra, Colognola ai Volli (1998).

[5] P. Brown “Il Mondo Tardo Antico”. Piccola Biblioteca Einaudi, Torino (1974).

[6] A. Rocha Fadista “A Catedral Gótica de Milão”. Maçonaria.net.(2009). http://www.maconaria.net/portal/index.php/artigos/4-a-catedral-gotica-de-milao.html

[7] D. Ulansey “The Origins of the Mithraic Mysteries: Cosmology and Salvation in the Ancient World”. Oxford University Press, Oxford (1991).

[8] A. Reghini. “La tradizione Pitagorica Massonica”, Fratelli Melita Editori, Genova (1988).

[9] G.N. “I Maestri Comacini: Precursori Italici della Massoneria Speculativa”. Serenissima Gran Loggia del R.S.I. (2014) https://www.ritosimbolico.it/rsi/2014/11/i-maestri-comacini-precursori-italici-della-massoneria-speculativa/

 

Alberto Malanca