IL RITO SIMBOLICO ITALIANO: CENNI STORICI

di UMBERTO ZANNI

Edizione del Centenario di Roma Capitale

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INTRODUZIONE o PRESENTAZIONE

E’ un’esigenza molto sentita da tutti i MM.·.AA.·. d’Italia poter disporre di un’agile ma documentata storia del Rito nei suoi primi cento anni di vita.

Eventi ora lieti ora tristi, ma a noi sempre cari, dalla fondazione avvenuta a Torino nell’ottobre 1859, della quale ci sono stati per fortuna tramandati i fondamentali documenti, fino alle celebrazioni centenarie culminate nel Convegno Nazionale tenuto a Milano, appunto nell’ottobre del 1959.

Da tempo la Ser.·.G.·.L.·. ha avvertito tale necessità ed ha posto mano alla raccolta del materiale documentario occorrente; possiamo assicurare che le ricerche condotte finora hanno dato risultati abbastanza soddisfacenti. Era stata – fra l’altro – individuata nella Biblioteca Nazionale di Firenze la raccolta completa dell’« ACACIA », rivista edita dal R.·.S.·.I.·. negli anni dal 1909 in poi, quando la tragica alluvione impedì di iniziarne la consultazione. Solo di recente, dopo la riapertura della sezione periodici di quella Biblioteca, abbiamo appreso che – purtroppo – la nostra Rivista non ha potuto essere recuperata e deve considerarsi definitivamente perduta. Rimane, naturalmente, la speranza di trovarla in qualche altra biblioteca o, addirittura, di poterla acquistare da un commerciante di libri antichi; pertanto le ricerche continuano e devono essere estese. E’ opportuno ed augurabile, inoltre, che ogni M.·.A.·. raccolga, faccia pervenire in copia fotostatica o segnali comunque alla Gran Segreteria tutto il materiale documentato di cui avesse possesso o conoscenza.

Frattanto abbiamo deciso di rompere gli indugi e di fornire ai MM.·.AA.·. d’Italia un sommario di notizie sul primo cinquantennio di vita del nostro Rito, ristampando i brevi « Cenni Storici » scritti da Umberto Zanni nel lontano 1913, ed allora pubblicati nel N. 47 della nostra Rivista e venduti anche – come estratto – al prezzo per noi ormai fantascentifico di L. 0,50.

Non si tratta evidentemente di una storia, ma possiamo considerarlo il primo nucleo di notizie, che ci auguriamo di vedere al più presto arricchito ed integrato per la parte che copre approssimativamente il primo cinquantennio di vita; completato con il periodo relativo al cinquantennio successivo.

Con tale augurio, e con rinnovato impegno di fornirci al più presto di tale indispensabile mezzo di studio, riprendiamo con forza e vigore i nostri lavori rituali.

La Gran Loggia d’Italia
del R.·.S.·.I.·.
Roma, XX settembre 1970 E..V..

IL RITO SIMBOLICO ITALIANO – CENNI STORICI

Priorità storica del Rito Simbolico

Indiscutibilmente il Rito Simbolico cioè il Rito con tre gradi soltanto (1), è il Rito primitivo.

La Massoneria professionale od operativa non aveva alti gradi e si perfezionava nel grado di Maestro; e la Massoneria moderna o speculativa, che da quella deriva, non ebbe, ne’ primi tempi, altri gradi oltre i tre simbolici: i gradi di Apprendista, di Compagno e di Maestro. Anzi, a voler precisare, quando – col tramontare dell’arte gotica vennero a preponderare gli architetti e gli ingegneri sui costruttori che lavoravano empiricamente, secondo antiche regole divenute consuetudine, e, a poco a poco, si introducevano nella Fratellanza elementi estranei, accettati, che dovevano trasformarla completamente da operativa in speculativa – l’Istituzione stava subendo una profonda crisi di adattamento, non si avevano neppure tutti i tre gradi Simbolici: infatti nel 1717, allorché fu costituita in Londra la prima Grande Loggia, il grado di Compagno non esisteva e forse neppure quello di Maestro.

Il Rito Simbolico non è mai scomparso dalla storia universale della Massoneria anche nel periodo migliore della fioritura degli alti gradi, nella seconda metà del secolo XVIII: vi furono sempre paesi dove gli alti gradi non si vollero introdurre o non furono riconosciuti dalla Massoneria regolare.

In Italia ogni periodo di vita massonica si è iniziato esclusivamente con Massoneria di Rito Simbolico.

Le prime Logge furono introdotte in Italia dalla Gran Loggia d’Inghilterra e poi dalla Gran Loggia d’Olanda, forse prima del 1733, certo non più tardi di questa data, e specialmente in Toscana e nel Napoletano e negli Stati Sardi e nel Veneto e queste Logge, come le loro Grandi Logge madri non avevano alti gradi. Questi furono introdotti dopo il 1785 dalla Stretta Osservanza nell’Alta Italia e nel Napoletano dove si diffusero e prevalsero sino ai tempi della Rivoluzione Francese quando i lavori massonici quasi dappertutto, sul continente, furono sospesi.

Il secondo periodo comincia con la conquista napoleonica dell’Italia e le Logge costituite (la prima a Milano nel 1801) non riconoscevano gli alti gradi sino a quando non fu costituito un Supremo Consiglio Scozzese a Milano nel 1805 e poi il Rito di Mizraim a Venezia ed a Napoli nel 1806 i quali si diffusero in tutta Italia.

Il terzo periodo procede dalla costituzione della Loggia Ausonia a Torino nel 1859.

La Loggia Madre « Ausonia » e il Grande Oriente d’Italia

Col rinnovarsi della vita massonica, dopo il sonno quasi completo che va dalla caduta di Napoleone ai primi anni della seconda metà del secolo XIX, la prima Loggia veramente attiva che si costituì in Italia fu la Loggia Ausonia che volle limitare i propri lavori ai tre primi gradi.

E l’Ausonia dimostrò il suo favore verso il Rito Simbolico con la sua insistenza nel non volere che il Grande Oriente Italiano, che ad essa deve la vita, riconoscesse gli alti gradi.

Ma da un lato, l’antipatia che destava il dubbio che la azione dell’Ausonia fosse diretta ed aiutata dal Conte di Cavour e la scelta del secondo Gran Maestro nella persona di Costantino Nigra e dall’altro lato la vivace ed intensa lotta che ad essa si faceva dalle logge di Rito Scozzese, di recente nate o risorte ma indubbiamente meglio organizzate e più compatte, fecero che, all’Assemblea di Firenze del 1863, Celestino Perroglio che con David Levi rappresentava il Grande Oriente, per un alto spirito di sacrificio e grande amore all’Istituzione, lasciava liberi i delegati di deliberare se dovevansi accettare i soli primi tre gradi del Rito primitivo o aggiungervi tutta la gerarchia scozzese.

L’Assemblea deliberò di nominare una Giunta la quale provvedesse nel miglior modo perché l’accordo si avesse tra tutte le Logge d’Italia, prima della convocazione di una nuova Assemblea.

Prevalenza del Rito Scozzese nel Grande Oriente

Nel 1864 fu convocata, dalla Giunta nominata l’anno precedente, l’Assemblea alla quale parteciparono non solo le Logge di ogni rito ma anche le Camere Superiori Scozzesi e la presenza di quest’ultime dimostra come ormai la partita fosse perduta per il Rito Simbolico, nonostante che l’Assemblea nominasse un Grande Oriente formato di 20 membri di Rito Scozzese e di 20 membri di Rito Simbolico indipendentemente dal numero delle Logge professanti l’un rito e l’altro.

Ma pare che non tutte le Logge di Rito Scozzese fossero soddisfatte e molte di esse non aderirono al Grande Oriente malgrado la proclamata libertà dei riti e malgrado – dice il Bacci – « la enorme prevalenza dello Scozzesismo nei consessi direttivi dell’Ordine ». Tuttavia le Logge di Rito Italiano o Simbolico non potevano ormai più essere di ostacolo: esse erano minoranza, si sentivano deboli e mancava in loro la fede e l’energia per aumentare il loro numero e affermare le ragioni del Rito Simbolico.

Anzi alcune Logge di Rito Simbolico preferirono, per qualche tempo, di starsene appartate; e di queste alcune, specialmente Piemontesi, si strinsero intorno all’Ausonia e si organizzarono all’obbedienza di un Gran Consiglio Simbolico sorto da un’Assemblea tenuta a Milano (1-5 luglio 1864). Questo per vario tempo visse avendo sede prima a Torino e poi a Milano e con la presidenza di Ausonio Franchi, finché non pensò di fondersi nel Grande Oriente Italiano nel 1868 con un atto firmato per il Gran Consiglio dai Fratelli A. Franchi, G. Guastalla, P. M. Loria, C. Luppi, L. Larcher, E. Rognoni, P. Moneta. Per questa fusione il Grande Oriente ebbe alla sua obbedienza anche le Logge Adriaca di Venezia, Arena di Verona, Avvenire di Milano, Ferruccio di Pistoia, Insubria di Milano, Progresso di Torino, Unitaria di Livorno, Pietro Micca di Torino, Vittorio Alfieri di Asti, Gogliando di Alessandria e La Pace di Padova.

Gaetano Pini e la Loggia « Ragione » di Milano

Le Logge di Rito Simbolico, isolate fra di loro ma a contatto delle Logge di Rito Scozzese, non resistettero all’influenza di queste: a poco a poco andavano abbandonando il proprio rito sacrificando il loro vivo sentimento di autonomia che in pratica rendeva scarsi benefizi e aderivano allo Scozzese. Si prevedeva fatale la scomparsa del Rito Simbolico come era avvenuto per il Rito di Menfi.

Ma per fortuna del Rito Simbolico, in Milano si trovarono uniti, nella Loggia Ragione costituita nel 1873, uomini di un grande volere e di alto valore morale i quali per il prestigio che veniva dalla loro persona e per l’affettuose cure da essi date al Rito resero possibile la sua rinascita. A proposito di questa Loggia – che, con la Loggia Ausonia di Torino e con la Loggia Roma di Roma, deve essere ricordata dai Fratelli di Rito Simbolico Italiano per quanto essa ha fatto in momenti difficili per il bene di questo – Gaetano Pini nella inaugurazione del suo nuovo tempio (12 dic. 1886) diceva: « Compiono ora 13 anni che una Loggia composta di pochi e modesti Fratelli sollevava una bandiera che parve ad un tratto il segno della rivolta, mentre non era che il Simbolo della pace. Questa Loggia si chiamava La Ragione… Parlare di radicali riforme da apportarsi, in seno della Massoneria parve, a quei tempi, una utopia: ogni discorso, ogni atto che accennasse a formule più semplici, a riti più conformi all’indole dei tempi avevano l’aria d’aperta ribellione e profonde erano le interne scissure come lunga e profonda era stata la discussione fra le antiche famiglie massoniche d’Italia. Eppure noi riuscimmo, non solo a proclamare ma altresì a conseguire la maggior parte delle propugnate innovazioni senza mai, neppure un istante, offendere le leggi alle quali avevamo giurato obbedienza, senza mai venir meno a qualsiasi patto e a quell’amore che si debbano fra loro i Fratelli. Nelle Logge e nelle Assemblee Costituenti, nei giornali appositamente costituiti, nei Consigli dell’Ordine, nei Congressi Massonici, la Loggia Ragione, coadiuvata con indimenticabile perseveranza dalla Loggia Pietro Micca-Ausonia di Torino, assecondata dalla disciolta Loggia La Cisalpina, seppe, per lungo volgere di anni tener viva l’agitazione in favore del Rito Simbolico Italiano fino a radunare intorno a sé un nucleo di oltre 20 Officine che sparse in Italia e nelle colonie, sono divenuti elementi fecondi di disciplina ed esempio di intelligente operosità ».

E fu per merito di questi uomini che all’Assemblea Costituente del 1874 in Roma i delegati delle Logge di Rito Simbolico deliberarono di far preparare e presentare alle Logge gli Statuti del Rito. II lavoro fu lungo e delicato e solo nel 1876 potè aver luogo l’Assemblea per la discussione di detti Statuti.

L’Assemblea di Milano del 1876 e gli Statuti del Rito

Quest’Assemblea, che si tenne dal 15 al 16 gennaio in Milano, è di capitale importanza per il Rito Simbolico e può dirsi che in essa s’iniziò la sua vera vita.

Assistevano i rappresentanti di 15 Logge e cioè Demetrio Prada per la Adinolfo di Mineo, Giovanni Negri per la Benito Juarez di Napoli, Gerolamo Astengo per la Caffaro di Genova, Ernesto Rognoni per la Cisalpina di Milano, Francesco Muller per la Fedeltà di Livorno, Oscar Pio per la Ferruccio di Pistoia, Giuseppe Sarmento-Pavesi per la Giovane Acri di Palazzolo Acreide, Domenico Clerici per la Libero Pensiero di Abbiategrasso, Ludovico Corio per la Libertà e Progresso di Cagliari, Antonio Lehmeyr per la Pestolozzi di Napoli, Illuminato Lumello per la Pietro Micca-Ausonia di Torino, Gaetano Pini per la Ragione di Milano, Pietro Agnelli per la Tito Vezio di Roma e L. S. per la Ugolino di Iglesias. Rappresentava il Grande Oriente Raffaele Jovi.

Fu nominato Presidente il Pini, benché avesse solo trent’anni, e nel suo discorso di inaugurazione attribuì la scelta, più che ai suoi meriti « all’intendimento dei delegati di onorare in lui il rappresentante di quella Loggia (La Ragione) che, prima in Italia sollevò arditamente la bandiera del Simbolismo, di quella Loggia che maggiormente cooperò alla redazione degli Statuti che sono oggetto di discussione ». Il Pini fece poi rapidamente « la storia degli ostacoli che si dovettero superare per ottenere che al Rito Simbolico fosse concessa quella uguaglianza dei diritti di cui già godevano gli altri Riti » e dimostrò « come solo uniformandosi ai principi della maggiore libertà e della più grande tolleranza si riuscisse a comporre e a risolvere una questione che dapprima si presentava come un difficile problema ». Spiegò infine le ragioni del ritardo con cui furono presentati gli Statuti e convocata quell’Assemblea: gli incaricati avevano voluto « fare opera per quanto possibile completa e soprattutto pacifica »; essi volevano « che la riunione non fosse seme di nuove discordie e dimostrare prima come il libero svolgersi ed accrescersi del Simbolismo in Italia non fosse una minaccia per l’Ordine nostro ma un elemento potente, efficace, di forza, e di disciplina, dimostrare come la riforma propugnata funzionasse, benché provvisoriamente e con leggi mal definite, senza produrre alcuno di quegli inconvenienti che si temevano da molti dei Fratelli fautori dello Scozzesismo ».

La relazione Corio

Crediamo ora opportuno riferire quasi integralmente la relazione del fatello Lodovico Corio a nome della Commissione codificatrice per gli Statuti. Essa cominciava cosi:

« La Massoneria è oggi l’unica potenza seriamente organizzata, al fine di energicamente propugnare la carità, la verità, la libertà e combattere l’egoismo, il pregiudizio, la schiavitù. Essa si trova a fronte d’una setta forte, terribile per tradizioni e per gerarchia, per i legami indissolubili che vincolano tra loro i suoi membri, per il carattere indelebile che vien loro attribuito fin dalla nascita; or bene anche la Massoneria ha tradizione, gerarchia, indissolubilità di vincolo, e per giunta indelebilità di carattere – indelebilità, non già impressa in un bambino inconsapevole, ma bensì spontaneamente assunta da un uomo avente la piena coscienza e responsabilità delle proprie azioni: quella pretende obbedienza cieca a’ suoi dogmi, mentre la Massoneria non vuole altro che un’adesione ragionevole e ragionata a’ suoi principi, a’ suoi Statuti, a’ suoi Riti. Ma quella setta, che neppur nominiamo, perché sta fissa nel pensiero di tutti noi ed è la nostra capitale nemica, quella setta ha voluto rimanere immobile dinanzi al progresso universale, epperò inconsciamente a sé medesima ha scavata la fossa. Oggi quella setta non può che negare, resistere, difendersi; ogni grande affermazione le è vietata.

« Essa quindi vede intorno sfasciarsi quell’immenso edifizio, che a prezzo di molti gravissimi sacrificii in altri tempi ha potuto innalzare, e vede gli uomini più intelligenti allontanarsi da lei, disgregarsi, dispedersi e solo rimanerle intorno uno stuolo non molto numeroso di beghine, d’ignoranti, d’ipocriti.

« La Massoneria invece pur mantenendo saldi quei pricipi morali, ai quali si è sempre inspirata, principi che sono il fondamento d’ogni civile società, e dal trionfo de’ quali dipende la felicità dei popoli – ha però sempre favoreggiato il progresso dello spirito umano, e sempre s’è trovata alla testa di questo grande movimento di trasformazione, che incalza instancabilmente l’umanità: anzi il più delle volte la Massoneria fu causa efficiente e non poche fiate causa finale di questo gran moto progressivo.

« Dal più antico costruttore del tempio, al moderno libero muratore del pensiero, con non mai interrotto cammino la Massoneria assurse dalla materia all’idea, dal fatto al principio, dalla pratica alla teorica, dall’analisi alla sintesi, dal senso alla ragione, dalla fede alla scienza. Ed è perciò che la grande famiglia massonica s’ingrossa ogni giorno di più e va sempre guadagnandosi uomini, che devoto culto professano al vero, al bello ed al bene.

« Ed è questa necessaria mutabilità di forme che mantenne tra noi quello spirito di tolleranza e di vicendevole rispetto, che afferma la forza dell’Ordine nostro e stabilisce la sua superiorità sopra ogni altra associazione o scuola sia empirica, sia dottrinaria. Ed è questa necessaria mutabilità di forme, che rende possibile la concordia in questa grande famiglia, e che pur lasciando ai diversi membri che la compongono la facoltà di seguire un diverso Rito, come in tutte le grandi opere della natura, sa conciliare la varietà coll’armonia. Ed è questa necessaria mutabilità di forme, che rese possibile il Rito Simbolico, più semplice, più democratico e perciò più conforme alle tendenze de’ tempi nostri.

« Lungi da noi l’idea di denigrare gli antichi Riti, chè ossequentissimi alle norme che reggono la nostra famiglia, sentiamo il dovere di tutti egualmente rispettarli: ma permettete a noi, Fratelli delle rispettabili Logge La Ragione e La Cisalpina, che sono di Rito Simbolico, di mostrarci lieti e di congratularci con tutti voi, cari ed illustri Fratelli, qui rappresentanti Logge che accettarono questo medesimo Rito, come quello che soppresse i numerosissimi e pomposi titoli non atti, se non a solleticare nell’individuo una bassa passione, la vanità; rito, che stabilisce il principio elettivo, e quindi vuole che un Fratello perché copra un posto eminente nell’Ordine, debba godere della stima della grande maggioranza de’ suoi Fratelli; Rito infine che assicura la Massoneria dalle sorprese e dai colpi di mano del potere profano.

« Questo Rito, del quale trovasi già fatto cenno all’articolo 9.° degli Statuti generali della Reale Franca-Massoneria in Italia, (Statuti che nell’anno 5807 e precisamente nel giorno 25 del 3.° mese vennero inscriti nel Libro d’Oro e depositati negli Archivi del G.·. O.·. d’Italia) questo Rito, che ha molte e gloriose tradizioni nel Piemonte, in un tempo da noi non molto remoto, cioè nell’anno 5864, trovò strenui propugnatori nei carissimi nostri FF.·. Ausonio Franchi della Loggia Insubria di Milano, e Salvatore Majorana-Calatabiano della Loggia Caronda di Catania.

« Or bene: propugnare il nuovo Rito Simbolico era compiere una pacifica ma al tempo istesso una grande rivoluzione nel seno stesso della Massoneria: propugnarlo senza cagionare una irrimediabile scissura era un difficile problema da risolvere; e nel tempo in cui si trattò questa delicatissima questione la Massoneria, e più precisamente la Famiglia Italiana che se ne era fatta l’autrice, aveva una grande prova da vincere. E fu mercé lo spirito di tolleranza e di vicendevole rispetto che ha sempre animato e tutti anima i nostri Fratelli, che quella pacifica ma grande rivoluzione fu fatta, che quel difficile problema fu risoluto, che quell’ardua prova fu vinta …

Rito Simbolico Italiano

Una delle deliberazioni più notevoli di questa Assemblea fu l’aggiunta della parola Italiano al nome del Rito. L’aggiunta era opportuna: prima di tutto perchè già nella storia della Massoneria il nome italiano era stato accettato e conservato da Logge che seguivano un Rito a solo tre gradi e poi perché il Rito Simbolico non era proprio dell’organizzazione nostra ma all’estero v’erano e v’erano state Comunioni Massoniche professanti un Rito a tre gradi; e poiché il Rito Simbolico seguito in Italia aveva delle forme sue speciali, era opportuno determinarlo con un suo speciale appellativo.

Le Logge Regionali

Ma dove più viva fu la discussione fu nella introduzione, nell’organizzazione rituale, delle Logge Regionali.

La relazione Corio si diffondeva specialmente a sostenere l’opportunità, anzi la necessità di questi nuovi corpi: essa così diceva:

« Ed ora è un altro il voto. Ogni Massone in omaggio allo svolgimento ed al trionfo del principio di libertà sostiene nel mondo profano il discentramento sia nel campo amministrativo, sia nel campo politico. Il discentramento non vuol dire divisione; esso lascia intatto il grande principio unitario, ma salva l’autonomia dell’individuo; schiude a questo l’adito di progredire senza inciampi e senza pastoie fin dove la sua attività e la sua forza glielo consentono e non l’obbliga a fare inutili (notate, carissimi Fratelli, che dico inutili) sacrifici della propria energia, in omaggio all’altrui inoperosità od all’altrui fiacchezza.

« Nel mondo profano il discentramento è un desiderio dei buoni, ma nel mondo profano il pregiudizio e l’egoismo oppongono un baluardo quasi insuperabile all’attuazione di questo principio.

« Ma dal tempio massonico la caligine dell’errore è fugata dalla splendida luce del vero; dal tempio massonico sono bandite le basse e ree passioni che contaminano l’uomo; e se non fosse, in noi, liberi muratori, immodestia il pronunciare sentenza su tale argomento, diremmo che il libero muratore dovrebbe potersi considerare come un uomo logicamente e moralmente perfetto.

« Ecco perché noi troviamo quasi sempre la Massoneria all’avanguardia del progresso.

« Ed appunto per tutto ciò il discentramento, desiderio ora inattuabile nel mondo profano per le ragioni testé accennate, diventa nel mondo massonico un dovere da compiere, per mostrare a tutti colla irrefragabile prova dell’esempio, che questo principio che sembra in apparenza disgiungere i membri d’una stessa famiglia, in realtà poi più armonicamente li affratella, li unisce d’indissolubile legame e ne moltiplica le forze.

« Perocché è il sentimento della propria dignità, quello che spinge sempre l’uomo a ribellarsi ad un giogo che per violenza gli si vuole imposto; mentre lasciato libero, egli si sottomette volontariamente ad ogni peso e affronta sereno e intrepido qualunque sacrificio.

« Ché anzi col discentramento come fu ideato dalla Commissione proponente il progetto de’ nuovi Statuti, che in oggi accorreste a discutere, viene rafforzato quel vincolo gerarchico, ch’è pure uno dei più efficaci elementi di potenza della Massoneria.

« Sì, la gerachia, che diè tanta vita ad istituzioni funeste all’umanità, perché fondate sulla superstizione, sul servilismo e sulla debolezza dei più, voglio dire il cattolicismo, il feudalismo ed il militarismo, per la Massoneria che si fonda sui più puri, sui più santi principi della morale, fu e sarà sempre un elemento di potenza giovevole al benessere dell’umanità. Ed ecco la ragione precipua, per cui parve doversi nei nuovi Statuti aggiungere forza alla gerarchia. E forza aggiungerà senza dubbio alla gerarchia l’istituzione delle Logge Regionali.

« … Il punto però, che dalle relazioni pervenute delle varie Officine alla Commissione, apparve più controverso, è appunto quello che si riferisce alla istituzione delle Logge Regionali, da alcune Officine simboliche combattuta con molta vivezza e con abbondanza di argomenti.

« Malgrado però che la opposizione muovesse da Logge autorevoli e numerose, tuttavia la Commissione proponente non credette opportuno sopprimere dagli Statuti gli articoli, che alla istituzione delle Logge Regionali si riferiscono; ma animata da quello spirito di concordia che deve presiedere a tutte le opere massoniche, avvisò doversi lasciare in facoltà delle Officine simboliche la fondazione delle Logge Regionali, le quali in questa guisa verrebbero a perdere quel carattere di obbligatorietà che era loro stato dato dapprima e che aveva sollevato le opposizioni di cui abbiamo tenuto parola.

« La Commissione è tanto sicura della necessità e della importanza delle Logge Regionali, che non dubita punto verranno in avvenire istituite anco da quelle Officine che oggi maggiormente le avversano; ma lungi dal volerle imporre, propone invece che esse rimangano negli Statuti come facoltative anziché come obbligatorie.

« Secondo la Commissione i contradditori delle Logge Regionali hanno di troppo esagerato attribuzioni che a queste Camere centrali verrebbero date, e in luogo di ravvisare in esse un ostacolo all’autonomia delle singole Officine e una supremazia dispotica e autoritaria, avrebbero dovuto considerarle come altrettanti centri massonici destinati a tener desta l’attività nelle singole Logge, a fondarne di nuove e a dare unità d’intento agli sforzi di tutti i Fratelli d’una medesima regione; perché se le Logge debbono sempre aver di mira lo scopo universa1e della Massoneria, non devono, per ciò perdere di vista il benessere parziale delle diverse Provincie o Valli, nei confini delle quali svolgono la loro benefica attività.

« Ma la ragione principale, che ai sostenitori del Rito Simbolico deve consigliare la istituzione e la diffusione delle Logge Regionali, è soprattutto quella che mira a controbilanciare in qualche modo la preponderanza del Rito Scozzese nelle Assemblee Costituenti dell’Ordine, alle quali, per saggia disposizione, intervengono non solo i rappresentanti delle Logge, ma altresì quelli dei Capitoli, dei Conclavi, dei Concistori, infine di tutte quante le Camere Superiori.

« Ora è evidente che in tale condizione di cose il Rito Simbolico si troverà sempre nelle Assemblee Costituenti di fronte ad una grande maggioranza di rappresentanti delle Logge di Rito Scozzese; e alla Commissione codificatrice parve quindi indispensabile trovar modo di riparare a questo grave inconveniente, da cui potrebbero derivare deplorevoli scissure il giorno, in cui i fautori del Rito Simbolico Italiano non avessero modo di far sentire la propria influenza e d’esercitare i propri diritti, al pari di quelli fra i Fratelli massoni che praticano il Rito Scozzese Antico ed Accettato.

« La costituzione quindi delle Logge Regionali colma in buona parte questa vasta lacuna e provvede ad una proporzionale e più equa rappresentanza delle Logge di Rito Simbolico nelle Assemblee Costituenti ed assicura al Rito stesso quella forza e quella indipendenza che egli riconosce e rispetta negli altri Riti… »

Varie Officine avevano già espresso il loro sentimento ostile contro questi nuovi organismi – che potevano parere imitazione del Rito Scozzese – tanto che la Commissione per gli Statuti non le aveva fatte obbligatorie ma aveva lasciato libere le Officine di costituirle o no: si temeva anche da un lato che queste Logge Regionali provocassero inconvenienti e dall’altro che difficoltà sorgessero per l’accordo delle Officine necessarie a costituirle.

Il relatore dell’Assemblea insistette nel dimostrare « la necessità di un corpo centrale che coordinasse e disciplinasse in una medesima regione il lavoro massonico che altrimenti sarebbe stato disgregato ed infruttifero. Si dilungò nel prospettare i vantaggi che sarebbero risultati per le Logge di Rito Simbolico da questa istituzione la quale non poteva in nessun modo essere paragonata ai Capitoli del Rito Scozzese per il fatto che i membri delle Logge Regionali vengono eletti in Camera di 1° grado, che il loro mandato era temporaneo e che quindi l’ordinamento di questi corpi centrali poggiava sopra basi eminentemente democratiche e liberali. Ricordò poi che le Costituzioni Generali prescrivevano che le Assemblee oltre che dei deputati delle Logge si componessero dei rappresentanti dei Capitoli (grado IV, IX, XV, XXV), dei Conclavi, dei Concistori Regionali e dei Cavalieri Rosa Croce per il Rito Scozzese (2) e che quindi era necessario che il Rito Simbolico contrapponesse qualche cosa che riuscisse ad equilibrare nell’Assemblea medesima l’influenza che avrebbero potuto esercitarvi, per il numero soverchiante, i deputati del Rito Scozzese. Senza questa condizione il Rito Simbolico non potrebbe avere speranza alcuna di diffondersi e propagarsi e sarebbe di continuo esposto a gravissimi rischi, non avendo mezzo alcuno di far sentire ed esercitare la propria autorità ».

Le parole del relatore, a cui si unirono il Pini, il Muller, l’Astengo, il Rognoni, il Prada, convinsero tutti i rappresentanti e le Logge Regionali furono accettate.

I Rituali

Nell’Assemblea di Milano furono approvati anche due ordini del giorno con cui si stabilì di tenere nell’anno seguente, 1877, a Roma un’altra Assemblea che doveva essere la I Assemblea generale delle Logge professanti il Rito Simbolico Italiano e che in detta assemblea una commissione composta del Pini, S. L., Corio, Muller, Clerici e Rognoni, presentasse un progetto di Rituali rispondente ai bisogni ed agli intedimenti del Rito Simbolico.

Infatti le Logge del Rito, non avendo precise norme in proposito, nei tre gradi, quali lavoravano secondo il Rito Francese o Moderno e quali secondo quello Scozzese.

I rituali presentati all’Assemblea, che si tenne appunto in Roma il 7-8 giugno dell’anno 1877, erano assai semplificati e differenti, da quelli del Rito Scozzese. Il Pini, nel presentare il progetto dei Rituali, espresse i criteri principali che erano serviti di guida alla Commissione nel difficile compito: « La Commissione, egli disse, si propone prima di tutto di rendere più brevi, più semplici e più conformi dai tempi, le costumanze ed i riti massonici mirando nondimeno alla conservazione di quelle pratiche che avendo carattere universale, non potrebbero essere soppresse senza produrre deplorevole confusione nella grande e mondiale Farmiglia ».

I Rituali presentati furono, a parer nostro, troppo semplificati, perché la simbolica massonica ha necessità che il rito non si discosti dalle forme antiche che hanno tutte, o quasi tutte, la loro ragione d’essere; il Rito Massonico è quello che è; se ne modifichi profondamente la sua forma e sarà tutto fuorché Rito Massonico.

Queste modificazioni troppo radicali hanno, forse, una giustificazione nel fatto che i Fratelli del Rito, e specialmente il Pini, desideravano la unificazione dei Rituali per i primi tre gradi e pensavano che essendo la unificazione, il risultato di uno scambievole sacrificio di forme, il Rituale unificato sarebbe stato influenzato dalla estrema semplicità di quelli del Rito Simbolico.
L’applicazione dei nuovi Rituali cominciò con il 15 febbraio 1878. Essi non sono stati più modificati.

La Grande Loggia di Rito Simbolico Italiano

Nella stessa Assemblea di Roma del 1877 fu dimostrata la necessità che il Rito avesse, al pari dello Scozzese e del Menfitico, un corpo supremo che vegliasse sulla osservanza degli Statuti e ne difendesse e ne propugnasse le guarentigie, disciplinasse le Logge, convocasse le Assemblee.

E l’Assemblea deliberò che, non potendosi in via definitiva provvedere subito a colmare questa lacuna esistente negli Statuti fondamentali del Rito, il Governo supremo del Rito stesso venisse intanto affidato a quelli tra i Fratelli che fossero eletti a far parte del Governo dell’Ordine e del Gran Consiglio, facendo loro obbligo di presentare nell’Assemblea susseguente un’aggiunta agli Statuti del Rito, atta a provvedere alla deplorata mancanza e a dare al Rito stesso un più ordinato svolgimento, una maggiore unità di governo, pur conservando quella autonomia e quel discentramento di cui le Logge fruivano.

I Fratelli del Rito che facevano parte del Governo dell’Ordine e del Consiglio e che quindi dovevano costituire provvisoriamente il comitato di direzione del Rito erano i seguenti: Aporti avv. Pirro deputato al parlamento Presidente, Dobelli Ferdinando Vice Presidente, Montenovesi dott. Vincenzo e Pini dott. Gaetano Segretari; Muller Francesco, Antonelli Curzio, Conrad Giuseppe, Mussi Giuseppe.

Una deliberazione definitiva fu presa nell’Assemblea del seguente anno 1879 (24 aprile) a Roma.

Si pensava da alcuno di domandare che le Costituzioni Generali stabilissero doversi eleggere un Gran Maestro Aggiuto ed un numero determinato di membri del Grande Oriente fra i Fratelli di Rito Simbolico Italiano e che questi dovessero poi costituire anche il Governo del Rito: ma l’idea non fu accettata. In quell’Assemblea fu invece deliberata la creazione di una Grande Loggia con alla testa un Presidente che fu Pirro Aporti e un Vice Presidente che fu Gaetano Pini.

La deliberazione fu accolta con compiacimento da tutte le Officine del Rito, ad eccezione di poche (tra cui La Cisalpina di Milano), e dal Governo dell’Ordine: l’Assemblea Costituente e il Grande Oriente accolsero con plauso le deliberazioni delle Logge di Rito Simbolico salutandole come opera di concordia.

Con la creazione della Gran Loggia, si inziò per il Rito Simbolico una vita di attività tranquilla, turbata solo dalla secessione di alcune Logge Milanesi tra cui la stessa Ragione che fu immediatamente riconosciuta dal Pini. Prima di questa secessione, notevole fu il Congresso Massonico di Milano convocato per iniziativa di quelle Officine e che riuscii veramente degno di esse per le discussioni che ebbero luogo intorno a temi di grande importanza per l’Istituzione.

Morte del Pini

Ma nel 1888 (25 settembre) sopravvenne la morte immatura del Pini. Fu un grande danno per tutto l’Ordine e in special modo per il Rito Simbolico; grande fu il dolore per tale dipartita in tutti i Fratelli e i giornali massonici di quel tempo recano ampi ricordi di solenni commemorazioni di lui fatte, non solo a Milano, ma in quasi tutti gli Orienti.
E con la morte del Pini si iniziò un periodo di decadenza per il Rito che non solo non aumentò le sue unità ma sì le andò a poco a poco diminuendo di numero.
Ed una ragione di decadenza era la mancanza in Roma di una Loggia del Rito in cui trovare gli elementi per costituire un Ufficio di Presidenza che era necessario risiedesse tutto e permanentemente in quella città. Prima la sede nominale dell’Ufficio di Presidenza era in Roma ma l’effettiva era a Milano o a Livorno e spesso non tutti i membri che lo costituivano dimoravano nella stessa città.

La Presidenza Wassmuth-Ryf e la Loggia « Roma »

Nel 1895 fu eletto, successore del Meyer come Presidente, Federigo Wassmuth-Ryf, un massone svizzero affiliato alla Loggia Garibaldi e Avvenire di Livorno, uomo di grande valore morale e attaccatissimo al Rito. Questi, al momento di accettare – pur con grande ritrosia – l’incarico di Presidente, dichiarò che egli si sarebbe adoperato con tutte le sue forze per dare anche all’Autorità suprema del Rito Simbolico la sua sede in Roma; e subito fece pratiche per costituire una Loggia del Rito in quella città.

La Loggia fu ben presto costituita con l’adesione di Antonio Cefaly, Giuseppe Schuhmann, Nunzio Nasi, Ettore Socci, Adolfo Engel ed altri valorosi Massoni e si chiamò Roma. La costituzione di questa Loggia si deve anche al Gran Maestro d’allora, Ernesto Nathan, che favorì il desiderio del Rito Simbolico: per l’innanzi, « molte e molte volte – sono parole del Wassmuth – e da parecchi illustri ed egregi Fratelli si era tentato di costituire questa Loggia, ma i loro sforzi, per quanto energici, erano rimasti sempre infruttosi ».

Rinascenza del Rito

Col trasporto della sede della Gran Loggia in Roma, il Rito iniziò come una seconda vita, mercè soprattutto l’opera del Presidente Nunzio Nasi che molto più avrebbe potuto fare se la sciagura non l’avesse colpito e non l’avesse allontanato dall’Ordine. Dal 1902 al 1904 l’ufficio di Presidente fu vacante, ma il Rito, dopo aver corso il pericolo di scomparire assorbito dal Rito Scozzese, continuò ben presto la sua ascesa sotto la presidenza di A. Engel che in quel breve momento tempestoso non dubitò di dare l’autorità del suo nome al Governo rituale e mercè l’assidua e generosa opera del Vice Presidente Trincheri e del Gran Segretario Varvaro.

Il numero delle Logge professanti il Rito Simbolico Italiano aumentò rapidamente e l’aumento continuò quando al posto dell’Engel salì il Trincheri. Nè solo per numero di Logge si rafforzò il Rito ma anche per valore di uomini. Ormai in quasi tutte le regioni d’Italia vivono Officine del Rito e le Logge Regionali sono oggi ben 16.

Sotto la Presidenza Trincheri finalmente potè appagarsi il desiderio delle Officine del Rito lungamente accarezzato, di avere un proprio Bollettino che ancora continua, tra il favore dei Fratelli, le sue pubblicazioni. E fu alla fine di questa Presidenza che il Rito ottenne, ciò a cui da molto tempo aspirava, che le Costituzioni Generali dell’Ordine fossero modificate nel senso di lasciare libero il profano di scegliere il Rito secondo cui iniziarsi anche se nell’Oriente di sua residenza già esista una Loggia di un determinato Rito. Ottenne pure di rendere uguale la rappresentanza dell’uno e dell’altro Rito nel Consiglio dell’Ordine.

Al Trincheri, è succeduto come Presidente, Giovanni Ciraolo che ha provveduto vigorosamente perché il Rito continuasse nel suo glorioso cammino a lato del Rito Scozzese, per il supremo bene di tutta la Comunione Massonica Italiana.

Gli Uffici di Presidenza del Rito
1879-1885: Presidente, Pirro Aporti – Vice Presidente e 1.° Gran Sorvegliante, Gaetano Pini – 2.° Gran Sorvegliante, (?) – Grande Oratore, (?) – Gran Segretario, (?) – Gran Tesoriere, (?).

1885-1886: Presidente, Giuseppe Mussi – Vice Presidente e 1.° Gran Sorvegliante, Gaetano Pini – 2.° Gran Sorvegliante, Pirro Aporti (?) – Grande Oratore, (?) – Gran Segretario e Gran Tesoriere, Fantini.

1886-1888: Presidente, Gaetano Pini – Vice Presidente e 1.° Gran Sorvegliante, Scipione Vinai (sostituito poi con Aporti?) – 2.° Gran Sorvegliante, Raffaele Iovi – Grande Oratore, Gonsildo Ondei – Gran Segretario e Gran Tesoriere, Felice Marzoni.

1888-1890: Presidente, Pirro Aporti – Vice Presidente e 1.° Gran Sorvegliante, Scipione Vinai – 2.° Gran Sorvegliante, Raffaele Iovi – Grande Oratore, Gonsildo Ondei – Gran Segretario e Gran Tesoriere, (?).

1895-1899: Presidente, Federigo Wassmuth-Ryf – Vice Presidente e 1.° Gran Sorvegliante, Rosolino Orlando – 2.° Gran Sorvegliante, Salomone Menasci – Grande Oratore, Oreste Vernassa – Gran Segretario, Alceste Cristofarini – Gran Tesoriere, Ariberto Botta.

1899-1902: Presidente, Nunzio Nasi – Vice Presidente e 1.° Gran Sorvegliante, Antonio Cefaly – 2.° Gran Sorvegliante, Federigo Wassmuth-Ryf – Grande Oratore, Ettore Socci – Gran Segretario, Domenico Valeri – Gran Tesoriere, Adolfo Engel.

1902-1904: Presidente: Ufficio vacante – e poi Ettore Ciolfi – Vice Presidente e 1.° Gran Sorvegliante, Domenico Valeri – e poi Giuseppe Schuhmann – 2.° Gran Sorvegliante, Ettore Ciolfi – Gran Segretario, Romolo Releva e poi Umberto Petraroli.

1904-1909: Presidente, Adolfo Engel – Vice Presidente e 1.° Gran Sorvegliante, Teresio Trincheri – 2.° Gran Sorvegliante, Giuseppe Schuhrnann e poi Emilio Piovanelli – Grande Oratore, Giovanni Ciraolo – Gran Segretario, Ruggero Varvaro – Gran Tesoriere, Giacomo Caretti.

1909-1912: Presidente, Teresio Trincheri – Vice Presidente e 1.° Gran Sorvegliante, Emilio Piovanelli – 2.° Gran Sorvegliante, Giuseppe Schuhmann – Grande Oratore, Giovanni Ciraolo – Gran Segretario, Ruggero Varvaro – Gran Tesoriere, Giacomo Caretti.

1912-1913: Presidente, Giovanni Ciraolo – Vice Presidente e 1.° Gran Sorvegliante, Alberto Lapegna – 2.° Gran Sorvegliante, Mario Chiaraviglio – Gran Segretario, Ruggero Varvaro – Gran Tesoriere, Giacomo Caretti.

(1) I tre primi gradi sono chiamati simbolici (e simboliche sono pur dette le Logge in cui si lavori in questi tre gradi) perché in essi si racchiude tutto il simbolo massonico.
(2) Oggi i corpi rituali non hanno rappresentanti nelle Assemblee che per la elezione del Gran Maestro.