L’architettura decostruttivista ovvero la schizofrenia della forma

 

 Maurizio Sacripanti, 1968
Maurizio Sacripanti, 1968

 

EMILIO BARRESE

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I QUADERNI DI ARCHITETTURA

  1. LA CAVERNA ALL’ORIGINE DELL’ARCHITETTURA
  2. L’UTOPIA IN ARCHITETTURA
  3. IL SIMBOLISMO DELLA PIAZZA
  4. IL SENTIERO ESOTERICO dalla Cattedrale di Chartres alla Cappella di Rosslyn
  5. IL TEATRO DEL SETTECENTO
  6. LA PORTA
  7. ARTE, MITI, MISTERI (la Cappella di san Severo)
  8. IL GRATTACIELO SIMBOLO DELLA TECNICA
  9. LA TECNICA E IL FUTURO DELL’UMANITA’
  10. IL POPOLO BRETTIO NEL BASSO JONIO COSENTINO
  11. SCHIZOFRENIA DELLA FORMA

Premessa

L’architettura razionalista
L’architettura razionalista

Proviamo a rivolgere l’attenzione all’architettura contemporanea subito dopo la prima guerra mondiale e ci accorgiamo che  superato il concetto di razionalismo architettonico con la identificazione “forma e funzione” nei volumi costruiti secondo una rigorosa geometria degli spigoli puri e della linea retta, l’abolizione di decorazioni e fronzoli ha portato ad una composizione formale rigida; esperienza che parte da Adolf Loos (1870-1933) che rifiutava qualsiasi ornamento fine a se stesso. Questo faceva parte di una cultura che si spingeva verso il <modernismo> e che prendeva atto di una coscienza di rinnovamento a seguito delle macerie prodotte dalla guerra con la proiezione verso l’impiego di nuovi materiali da costruzione e, timidamente, nuove tecnologie.

È da leggere il rifiuto del passato sotto il quale non esiste più la conservazione dell’idea di bellezza legata al concetto di valore assoluto ed immutabile, bensì il pensare che le opere architettoniche assumono la concezione del divenire in base a scopi da raggiungere non sono, certamente, la collocazione nell’ordinamento divino del mondo. L’ordine (kosmos) riferito allo spazio e all’arte non è più regola immutabile.

La decorazione perde ogni valore semantico perché è tramontato l’episteme, tutto ciò che è decoro viene ritenuto superfluo in nome della funzione che anticipa la forma.

In nome della <non libertà> democratica  non esiste la libertà spaziale legata alla pianta libera, si rafforza il concetto di episteme della matematica e della geometria.

Progetto Casa
Progetto Casa

 

In questo clima si sviluppa la progettazione con il livellamento dei piani e degli assi, l’allineamento delle finestre; la pianta è bloccata così come la sezione e la facciata degli edifici.

In questi edifici non possiamo parlare di bellezza appartenente all’essenza del costruito e della decorazione all’essenza della bellezza.

L’architettura organica

Frank Lloyd Right (1867-1959) è stato il fondatore dell’architettura organica e le sue opere sono entrate nella memoria collettiva del Novecento per l’innovazione del linguaggio e per l’espressione simbolica dell’elaborazione di forme organiche, nelle  quali è importante il rapporto uomo-natura. L’edificio pensato, progettato, costruito sono una sola cosa con l’ambiente circostante.

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LA CASA SULLA CASCATA 1936-1939
La casa sopra la cascata manifesta tutta la coscienza del fluire (B. Zevi)
La casa sopra la cascata manifesta tutta la coscienza del fluire (B. Zevi)

L’architettura de-costruttivista ovvero la schizofrenia della forma senza geometria.

Nell’epoca della tecnica l’ermeneutica della libertà espressiva parte da un presupposto teorico dell’inconscio che, nella tradizione occidentale, è legata all’imposizione di vincoli e tenaglie coercitive dell’autonomia individuale del pensiero.

Ma, è proprio vero che nella modernità l’architettura rappresenta la sua essenza estetica? Oppure si presenta, ancor più, “a-estetica”? senza osservare i canoni ontologici dell’essere atipico della negatività allocato nella forma geometrica, regolatrice di assunti matematici e, quindi, rigorosamente pragmatici nella logica del pensiero. Assistiamo e siamo costretti a  percepire-fruire, da osservatori attenti o distratti, forme architettoniche mutabili che, nell’episteme filosofica dell’età moderna, costituiscono il divenire del mondo. Ciò porta alla consapevolezza di essere partecipi di una cultura architettonica nella quale la negazione dei fondamenti della tradizione occidentale è palesemente fondata e proiettata  nella previsione delle funzioni della tecnica e imposte dal suo dominio e dalla volontà di potenza per cui, come sosteneva Heidegger, c’era bisogno  di un mutamento di pensiero nella riflessione etica  su tutto ciò che riguarda lo sviluppo dell’essenza della natura e dell’ambiente e quindi della vita. (Eugenio Mazzarella – Ermeneutica dell’effettività); ora, però, l’uomo deve decidersi se mantenere lo stato di dominio della tecnica sulle proprie scelte di pensiero oppure invocare una sua liberazione da esso, comportando un vero e proprio <disvelamento> quale recupero dell’originaria posizione per cui non negare la tecnica, ma avere un maggiore controllo nelle scelte di soggettività e non condizione prometeica di sudditanza. Ma siamo certi che il <Nichilismo> è concetto noto all’essenza dell’architettura? In vero, forse, non è ricercare in quella classica, rinascimentale, barocca. È emergente, al contrario, nel linguaggio moderno, in questa epoca dove esiste l’interconnessione tra tecnica ed archi-tecnologia.

L’impressione forte che si ha nell’osservare e percepire l’episteme del linguaggio architettonico in opere moderne legate alla firma di archi-stars incontrovertibile di un’azione causa-effetto del divenire e del dissolversi sia nella forma che nell’apparire, come testimoniano gli edifici de-costruttivisti sparsi per il mondo e, per estensione, denunciano il degrado sociale e ambientale nelle periferie poste ai margini delle grandi metropoli, dove è leggibile la vulnerabilità e l’emarginazione di chi le abita. image009

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Vediamo la distorsione, la deformazione, il frastagliamento, la curvatura, lo stiraggio della forma portata al limite della rottura.

La linea retta è sostituita dalla curva che si avvinghia in una spirale spinta nello spazio fino a penetrarlo (vedi il mio precedente quaderno: Il grattacielo simbolo della Tecnica) restituendo un’immagine mutevole che richiama l’archetipo nichilista del divenire e che, inevitabilmente, diventa verdetto sociale sull’ambiente costruito. Con l’aiuto della psicologia freudiana possiamo leggere una sorta di liberalizzazione dall’oppressione funzionalista (Le Corbusier) e Louis Kahn nella seconda parte dei suoi lavori, il quale porta avanti il tema di <la forma  segue la funzione>, per interpretare in chiave moderna (Emanuele Severino – Tecnica ed Architettura) l’imprevedibilità, la radicalizzazione della depressione e dell’angoscia come visione del mondo del divenire. Ciò comporta un’analisi del rapporto pensiero ed architettura che si affida alla filosofia per la conoscenza della forma, non tanto, legata alla geometria quanto ad una <theoria> ontologica espressiva della libertà di pensiero che, inevitabilmente, porta alla negazione dei principi ontologici e quindi si lega con forza all’imposizione ed al dominio della Tecnica. L’opera de-costruttivista predilige l’azione di frammentazione  della materia, provoca la deformazione dei volumi con conseguente asimmetria degli assi e dei piani, assume dissonanza e scomposizione.

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ZAHA HADID – 1 –
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ZAHA HADID – 2 –

 

Al costruttivismo, movimento culturale sorto  con scopi sociali, nato in Russia nel 1913 viene anteposto il <De> e, quindi, è tolta ogni forza attiva e sociale. L’arte costruttivista si serviva di materiali che la Tecnica e le tecnologie di nuova generazione nel primo ventennio immettevano nella produzione industriale. L’azione dirompente dell’arte, dell’architettura, dell’industria nasce dalla Tecnica  che avrebbe dovuto percorrere un cammino di dominio. Il movimento decostruttivista moderno si manifesta nel 1988 al Museum of art di NYC partecipando alla mostra organizzata da Philip Johason  e Mork Higuey  con la <disarticolazione della forma> secondo una geometria in antitesi alla funzione, comunque, inconfutabile fino ad allora nel modernismo. Uno dei partecipanti al MoMa di New York 1988 è Daniel Libeskind, architetto americano, di origine polacca vincitore, recentemente, del concorso per la ricostruzione dell’area Ground Zero a New York. La mostra in questione sancisce la nascita del movimento decostruttivista che parte dal pensiero del filosofo francese Derrida. Si assiste allo smembramento dell’oggetto  e alla ricomposizione delle sue parti.

Secondo un nuovo codice compositivo rispetto a quello convenzionale della composizione architettonica tradizionale <si decostruisce per ricostruire>.

A torto o a ragione, egli è  considerato autorevole nel movimento de-costruttivista ed il suo percorso trova inizio con l’ampliamento del museo ebraico di Berlino da leggere sia sotto l’aspetto formale che per l’uso dei materiali scelti nella progettazione ed esecuzione dell’opera.

I percorsi irregolari, i vuoti e le direttrici della luce rappresentano ciò che l’olocausto fu: il vuoto per chi dovette soccombere per la crudeltà nazista.

Berlino 1989-1999
Berlino 1989-1999 (1)

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Berlino 1989-1999 (2)

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Berlino 1989-1999 (3)

Quando il decostruttivismo interviene nel costruito come nel caso del museo militare di Dresda (Germania  2001-2010) cambia l’architettura dell’edificio ed anche il significato simbolico di ciò che esso rappresenta. Libeskind restituisce il significato profondo della violenza militare tedesca unita a componenti di odio, terrore e morte insiti nella volontà di dominio e di potenza che apparteneva ai Funzionari dell’Apparato nazista. Nella facciata neoclassica antica, un cuneo si introduce aguzzo, sufficiente a dimostrare la forza dirompente della freccia: strumento mortale, sinonimo di odio e organizzazione della violenza verso uomini in condizioni di dovere accettare il terrore come unica giustificazione per usare l’espressione di Nietzsche – DIO E’ MORTO.

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Museo militare di Dresda 2001-2010 (teatralizzazione della forma rigorosamente decostruttiva, I)
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Museo militare di Dresda 2001-2010 (teatralizzazione della forma rigorosamente decostruttiva, II)

In questo caso il difforme e la decostruzione sono significativi della volontà di lettura del simbolo: <libertà del nuovo e rigidità del passato al quale si connette l’autoritarismo militare>: la facciata storica è solida ed opaca a differenza della struttura prorompente della trasparenze concetto forte di democrazia e della libertà di pensiero, anche liberazione dalla concezione epistemica della geometria degli ordini in facciata e della pianta bloccata.

Nelle opere de-costruttiviste contemporanee in particolare in alcuni musei (vedi Libeskind, Zaha Hadid) abbiamo potuto accertare che i movimenti all’interno dello spazio sono stabiliti in anticipo e rispondono ad una configurazione del pensiero che è espressione della tradizione occidentale e quindi il <pieno> (simbolo eterno) anticipa ogni movimento, lo avvolge, lo imprigiona. La concezione dello spazio chiuso nell’architettura contemporanea non è condivisa come regola assoluta ed immutabile, anzi, è concepita come divenire della vita; essa produce liberamente forme  e contenuti svincolati dalla tradizione e non risponde al binomio  forma-funzione.

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Il Museo Maxxi di Roma è un percorso senza regole capaci di disarticolare le funzioni lontane dalla gerarchia dei valori e degli elementi dell’architettura classica o tradizionale, dove non si percepisce l’aspetto della profondità e della solidità dei volumi, espressione vincolante degli ordini e degli ornamenti delle forme. In questo edificio la bellezza delle forma non è un valore assoluto rapportato agli scopi naturali prefissati, assunti nell’opera e diversamente concepiti dall’architettura tradizionale dove la bellezza appartiene all’essenza del costruito e la decorazione ne determina bellezza nel senso di definizione del simbolo come ordinamento divino evocato dall’episteme.

Conclusioni

Forma ed informe non è soltanto una questione di superficie e di pelle ,di volumi  deformati o stirati, ma di profondità di pensiero <theorico> cioè possedere la consapevolezza in chiave filosofica  nei confronti della verità essenziale e della non verità nichilista.

Le variabili di questo binomio verità-non verità ci inducono, inevitabilmente, alla lettura del senso di angoscia e di depressione che nasce dal rifiuto del funzionalismo e dell’architettura organica per invocare l’intervento di Emanuele  Severino quando denuncia la mancanza di senso e di assenza dell’architettura contemporanea avvolta dalla superficialità e dall’indifferenza nei confronti della FORMA che si isola dall’ambiente e la cui autonomia crea a tutti un problema di complessità organica e di indipendenza, antagonista nel vivere quotidiano  e di non condivisione dell’ordine dell’abitare.

Bisogna invocare la salvaguardia della coscienza dell’uomo inserito nell’organismo città-territorio che non trae ispirazione dagli elementi della natura e lasciarci prendere solo e soltanto dagli elementi della tecnica per cui si parla esclusivamente di archi-tecnica. L’architetto sia un uomo prima di essere un professionista, pratichi un linguaggio che nasca da un’idea.

Attraverso questi passaggi dovuti ai movimenti dell’architettura nel secolo XX (razionalismo, funzionalismo, postmoderno) abbiamo un quadro completo e chiaro di cosa l’architettura ha rappresentato nella società civile e nell’arte; oggi possiamo comprendere lo spirito del nostro tempo, epoca della Tecnica.  Con l’aiuto della filosofia e quindi attraverso le figure architettoniche della tradizione occidentale, riferendosi al classicismo, si ripercorre l’essenziale nichilismo della storia a cui si riferiscono le forme dell’architettura contemporanea e l’ordinamento epistemico dello spazio nel quale emerge la progressiva distruzione delle forme.

La distruzione dei valori, delle verità assolute, dell’anima della tradizione dell’Occidente.

BIBLIOGRAFIA

 MARTIN HEIDEGGER, Essere e Tempo

  • EMANUELE SEVERINO, Tecnica ed Architettura
  • ARMANDO SICHENZE, Architettura vs nichilismo
  • EUGENIOO MAZZARELLA, Ermeneutica dell’Effettività
  • ANTHONY VIDLER, Il perturbante dell’ architettura
  • BRUNO ZEVI, Saper vedere l’architettura; Il linguaggio moderno dell’architettura
  • NICOLA EMERY, L’architettura difficile
  • UMBERTO GALIMBERTI, L’Ospite inquietante : il nichilismo e i giovani
  • Psiche  e Techne
  • ITALO CALVINO, Le città invisibili
  • D’ALESSANDRO E POTESTIO, Filosofia della Tecnica